Ultima modifica Giovedì 16 Gennaio 2025 15:06
16 gen 2025
NON CHIAMATELA PACE
Scritto da Piergiorgio |
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Non si poteva non rallegrarsi vedendo in TV le persone di Gaza festeggiare per strada l’annuncio di un accordo per un cessate il fuoco di cui, come noi, avevano avuto notizia.

Solo chi ha vissuto quanto hanno vissuto loro, da una parte, e quanto hanno vissuto i parenti degli ostaggi in mano ad Hamas può davvero capire che significa una tregua, un cessate il fuoco e la speranza fattasi più concreta di un ritorno, se non alla normalità, a una speranza di vita. Già oggi però come una doccia fredda pare che pur non avendo sconfessato il supposto accordo raggiunto soltanto ieri l’altro, le cose non siano proprio così semplici che immaginato. Quanti ai vari livelli si sono cimentati nella ricerca di un accordo tra le parti, fatta salva la buona fede di qualcuno tra loro (ce ne sarà almeno uno che si salva, c’è da sperare) dobbiamo pur prendere atto che non di educande si tratta ma di persone mosse da interessi di parte sovente inconfessabili per i quali le persone che pagano il prezzo più alto e devastante delle guerre contano come il due di bastoni a briscola quando va di denari. Ecco, i denari, il potere, le egemonie, gli interessi economici sono in primo piano, tutto il resto è secondario e viene buon ultimo. Tuttavia è lecito e direi perfino doveroso sperare, ma non tanto in chi governa come Minosse che si arrogano il diritto di decidere del destino dei popoli, ma nella sapienza dei popoli capaci, se vogliono, di ribellarsi alla schiavitù alla quale sono sottoposti da costoro. Il cambiamento, quello vero, può giungere soltanto da quanti hanno sofferto a causa della violenza e della guerra. Non è cosa facile né semplice perché ogni guerra lascia un seguito di odio e di rancore per i torti e le violenze subite, difficile da placare. Eppure la sofferenza può anche unire. Ci sono esempi viventi di persone che lo hanno saputo fare, proprio tra israeliani e palestinesi. La speranza può venire da costoro anche se ancora minoranza, ma è solo nella scoperta del volto dell’altro e nel riconoscimento reciproco del diritto a vivere che può sorgere un’alba nuova. La violenza e la guerra, sono lì a dimostrarlo, non hanno portato alcun vantaggio, a nessuna delle due parti in lotta. Potrà iniziare un cammino di pace autentico solo se saranno messi fuori gioco gli estremismi di una parte e dell’altra e se si sarà capaci di immaginare e attuare, sul piano giuridico e statuario, una nuova realtà in quella terra così drammaticamente innaffiata di sangue e lacrime innocenti. Fintantoché si perseguiranno altre strade potranno esserci dei periodi di tempo più o meno tranquilli, ma non sarà mai vera pace; solo pause tra combattimenti.

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