Ti confesso, Signore, che mi sento confuso e frastornato. Vedo e sento attorno a me persone che moltiplicano gli appelli a pregare perché tu fermi la pandemia del coronavirus
e allora mi viene spontaneo immaginare che ritengano che sia stato tu a mandarcela se pensano che la possa far cessare. Da tempo non mi riconosco in questo modo di raffigurarti. Rimango con i miei interrogativi, che sono quelli di tanti, con le stesse paure e preoccupazioni e certo, sarebbe bello che a richiesta tu, quasi magicamente, intervenissi a toglierci dai guai. Forse il nostro considerarti onnipotente ha qui le sue radici, nell' immaginarti come un sovrano potente che opera ciò che vuole e che se non vuole ciò che gli chiediamo avrà le sue ragioni. Così, con questi nostri poveri ragionamenti crediamo di aver chiuso il cerchio anche se rimaniamo senza una risposta. Poi cerco di rivolgere lo sguardo a quel povero Cristo che ci ha fatto la tua esegesi e mi pare di capire che hai un volto assai diverso da quello che noi ci dipingiamo. Sei un Dio amante della vita e amante della nostra felicità, ma ci dici che entrambe si perseguono in modo diverso da come facciamo noi. Ci dici, ad esempio, che è perdendola la nostra vita che la guadagniamo, e questo non ci è proprio spontaneo farlo, tanto è vero che siamo disposti a tutto pur di prevalere sugli altri. Ma in questo momento ce lo siamo dimenticati. Ci domandi a che serve guadagnare il mondo intero se poi perdiamo noi stessi, ma è quello che abbiamo fatto fino a ieri. Ci dici che il Padre cerca adoratori in spirito e verità, ma quando mai noi abbiamo agito con spirito di verità, dal momento che siamo stati così bravi da aver saputo coniugare le menzogna con la pratica di una religiosità di facciata, gli affari con la carità pelosa nei confronti di quanti abbiamo emarginato, respinto, lasciato annegare in un mare divenuto il loro cimitero. Abbiamo speso enorme risorse per strumenti di morte a scapito di sanità istruzione e servizi alla persona. Ora ci ricordiamo di te e pensiamo di lavarci la coscienza con qualche supplica, magari fatta in pompa magna. Io credo che sempre tu ci ascolti, ma non credo sia una sorta di prestigiatore a cui rivolgersi come l’autorità di ultima istanza. Tu sei qui che cammini con noi, che soffri con noi, che speri con noi, che agisci con noi e ci chiedi – ma quanto pesa questo tuo silenzio che è invito ad amare – di farci ancora più prossimo agli altri. Ci chiedi di saper seminare speranza, di saper seminare atti di generosità e altruismo come per altro se ne vedono tanti in giro e di credere – non che tutto andrà bene come in troppi affermano in questi giorni – ma che dovremo passare attraverso questo deserto della prova dolorosa e faticosa e attrezzarci per cambiare davvero, fare scelte coraggiose e alternative se vogliamo domani svegliarci in un mondo nuovo e migliore. Perdonami Dio, ma mi sentivo in dovere di difenderti in questo momento, affermando che non sei l’idolo che tante volte pensiamo, ma un Padre che ha cura di noi, ci ama e ci vuol bene, ma che ci domanda non di chiederti un segno, ma di essere segno noi per gli altri.