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Ritratti
Ritratti

Siamo il risultato degli incontri avuti nella nostra vita, delle relazioni che abbiamo intrattenuto con le persone, dei volti che abbiamo contemplato, degli sguardi che ci siamo scambiati. Di quanto ci siamo detto e anche trasmesso senza profferire parole. Siamo ciò che abbiamo donato e quello che abbiamo ricevuto.

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Non so se fossi prete

o più operaio.

Io ti ricordo  nel più

composito

preteoperaio.

Ed eri semplice

e saporito come il pane

E ti spezzavi,

come quello,

un po’ per tutti,

senza far grandi

distinzioni,

così come sa fare

ogni pastore,

che al gregge

non faccia da

padrone.

Nel sonno,

senza rumore alcuno

hai salutato,

e sei partito per il Regno

tutto solo.

Di là ci attenderai,

ne sono certo,

col tuo sorriso buono

come facevi qui

già con ciascuno.

Son partiti

i giganti,

come piante abbattute

dal tempo,

squassate da mille

tormente.

Profeti di un cammino

che viene,

ci lasciano,

come soffio di vita,

le lor gesta

le loro parole,

a indicarci un percorso

che sia fatto

per l’Uomo.

Tutto somiglia, nel ricordo,

a quel che capita,

quando ci si innamora.

Non so se  fosse scritto in cielo,

oppure altrove,

tra stelle perse

nell’ampio firmamento.

Tu, come il mare che non ha limiti,

se non sull’altra sponda,

ed io che somigliava,

a un semplice ginepro di montagna;

con poche bacche

e tante spine al vento.

Quel che cercavo,

mi stava ora di fronte:

in quel rifugio di fortuna,

nella tua barba da profeta antico,

nel  tuo sorriso buono e scanzonato,

nell’ampia cerchia di fratelli,

che rosicchiavano alla vita

l’avventura.

Fu intesa subito,

ad abbracciare il sogno

che era pur grande,

e mai del tutto detto;

solo intuito.

A tratti praticato con sgomento,

e tanta gioia semplice nel cuore,

e anche inconsapevole cimento.

Il camminare tuo, ora, è più lento.

La vita ti ha provato in ogni cosa.

A tratti, somigli un poco agli alberi

squassati da tormenta,

inerpicati su per alta roccia,

che paiono sfidare ancora il tempo.

E come quegli alberi forse ti cruccia,

nell’intimo del cuore, ugual tormento:

sentirsi ancora utili a qualcosa.

E questa è solitudine davvero,

affatto sterile, anche se dura.

Purché coltivi la memoria del futuro,

la vita spargerà in abbondanza,

i frutti seminati con fatica,

in questo autunno

che è per te la vita.

Io ti conosco poco, al par di ogni uomo:

ti ho visto piangere, gioir davvero,

ed arrabbiarti anche, perché sei vero.

Conosco di te una cosa certa:

la generosità che si fa dono.

E un limite, che ti fa fragile,

nel tuo apparire senza bisogno,

mentre dissimuli,

sotto una dura scorza,

una domanda  antica come l’uomo:

l’esser amato per davvero

da qualcuno.

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