Definire terrificanti le immagini che ci raccontano del terremoto e dello tsunami che ha colpito il Giappone, penso sia ancora riduttivo. Talvolta ci mancano perfino le parole per poter definire in modo appropriato quanto accade, ed è difficile sottrarsi a domande profonde di senso circa il vivere su questo pianeta. Forse dobbiamo ammettere umilmente, con il sindaco di Hiroshima, Tadatoshi Akiba, che davvero non siamo sovrani sulla Terra. Riconoscere questo non significa abbandonarsi a un sentimento di tipo fatalistico, ma molto più semplicemente imparare a guardare con occhi meno presuntuosi alla natura e alle necessità che da uno sguardo meno rapace nei suoi confronti ne discendono.
Certamente quanto avvenuto e quanto ancora può avvenire in ogni angolo della terra, ha molto a che fare con l’imponderabile e dunque con esiti difficili da preventivare; questo però dovrebbe quanto meno insegnarci ad agire con maggior responsabilità e avvedutezza in tanti settori del nostro vivere ed operare, per non renderci corresponsabili, accentuando ulteriormente gli effetti catastrofici di eventi naturali, attraverso un uso dissennato del territorio, speculazioni edilizie, realizzazioni di impianti potenzialmente rischiosi, opere mastodontiche buone solo per celebrare glorie fittizie. Nel frattempo la cronaca, necessariamente (?) confinata nelle pagine interne dei giornali, ci racconta l’avanzata, pare inarrestabile, delle truppe del rais Gheddafi, lanciate nella contro offensiva alla riconquista dei territori in precedenza perduti e occupati dagli insorti libici. Le diplomazie stanno ad osservare. Pare quasi di assistere ad una partita a scacchi nella quale nessuno intende scommettere su quale contendente puntare. Nel gioco cinico della politica, al di là delle dichiarazioni espresse nei giorni passati, di condanna per le violenze perpetrate dal dittatore libico, non meraviglierebbe se, nell’ipotesi infausta di una sua vittoria sulla popolazione che gli si è rivoltata contro, vedessimo ancora rientrare nell’agone politico il despota, nuovamente omaggiato da capi di governo e imprese prone ai suoi piedi per poter realizzare nuovamente profitti. Le persone, i loro diritti vengono sempre dopo, nell’agenda politica del potere. Ormai di questo ne siamo certi.