Un atto di coraggio, ma soprattutto di fede, così mi pare di poter commentare la notizia delle dimissioni del papa Benedetto XVI. Confesso che mi ha colto di sorpresa al pari di tanti altri il gesto di Ratzinger, perché da lui non me lo sarei mai aspettato. È un riconoscimento che per quanto importante sia il ruolo che lo stesso Pontefice riconosce al ministero petrino, è viva in lui la consapevolezza che il vero Sommo Pastore della Chiesa è e rimane Gesù Cristo e che a guidarla è lo Spirito Santo e che per questo è sempre in buone mani, indipendentemente dal ruolo che a ciascuno spetta dentro la stessa.
Le sue dimissioni sono un esempio che dovrebbe far riflettere anche i tanti costituiti in autorità, in ogni ambito e sfera dell’agire umano, che si considerano insostituibili e che, a differenza di papa Benedetto, non sanno pervenire a decisioni analoghe, anche perché, probabilmente, “non sanno esaminare la propria coscienza davanti a Dio per così poter pervenire alla certezza che le proprie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il proprio ministero”. Benedetto XVI ha detto che intende servire anche per il futuro con tutto il cuore la Santa Chiesa di Dio con una vita dedicata ala preghiera. In un tempo come il nostro, nel quale c’è la tendenza a dedicare poco del proprio tempo all’arte, apparentemente inutile della preghiera, che non consiste nel recitare meccanicamente orazioni, credo che anche questa sua decisione torni ad esempio molto alto e sia testimonianza ulteriore, per credenti e non, di quanto possa e debba essere tenuta nella giusta considerazione l’attitudine di dedicare spazio e tempo all’attività dello spirito mediante la preghiera, la meditazione, la contemplazione. Preghiera che – come affermava Gandhi -, non è un ozioso passatempo per vecchie signore. Propriamente compresa e applicata, è lo strumento d'azione più potente”. Per questo tuo gesto profetico, grazie papa Benedetto.