Chissà se verrà mai il giorno, come auspicava Victor Hugo per i cannoni del suo tempo, in cui i le armi in uso oggi saranno esposte nei musei, come gli strumenti di tortura dei secoli più bui, con la gente a chiedersi stupita come sia stato possibile che siano esistite.
Certo è che armi ben più micidiali tuonano oggi nel cuore dell’Europa e rischiano di tuonare sempre di più. Sono giorni e giorni che siamo letteralmente bombardati di notizie, mezze notizie, false notizie e notizie mezzo false su quanto sta accadendo in Ucraina, ai confini con la Russia, circa le intenzioni vere o presunte di questo o quel leader politico, tutte cose che sono oggetto di infiniti dibattiti tra veri o presunti esperti in TV e in lunghi articoli sui giornali. Come cominciano le guerre?, si domandava lo scrittore e giornalista austriaco Karl Kraus, e si dava questa risposta: i diplomatici raccontano bugie ai giornalisti, poi credono a quello che leggono. Soltanto a cose accadute capita, talvolta, non sempre, e a distanza di anni o decenni, di conoscere la verità. Una verità molte volte parziale ma sufficiente a farsi un quadro più reale delle ragioni che portarono a iniziare e poi proseguire una guerra. Quella verità che se conosciuta a tempo opportuno magari non sarebbe servita ad impedire lo scoppio del conflitto, ma certamente a demolire sul nascere narrazioni strumentali nutrite di falsi valori patriottici e di necessità inderogabili di partecipazione alla guerra. Sono certo che i nostri nonni e padri, pur non potendo godere degli strumenti di conoscenza oggi a nostra disposizione, nella loro innata saggezza popolare abbiano avvertito la falsità della necessità di farsi mandare a combattere: ad ammazzare e farsi ammazzare. Sovente è mancata loro la libertà e la possibilità di opporvisi e più frequentemente ancora sono stati vittime di manipolazioni efficienti. Certamente di propaganda e falsità spacciate come verità ufficiali da parte delle autorità del tempo, magari benedette pure da chierici consenzienti. Cambiano i tempi, le forme di governo e gli arsenali militari a disposizione, ma la logica che muove alla guerra è quella di sempre: il dominio, la volontà di prevalere sull’avversario. Per farlo è necessario creare il nemico e dipingerlo il più possibile a tinte fosche, per farlo apparire abominevole. Gli strumenti a disposizione di chi detiene il potere, per fare tutto ciò, è ancora la manipolazione delle coscienze, la falsità spacciata per vero, con l’aggiunta ben orchestrata del dover ricorrere alla guerra, dichiarata inevitabile, fatta a malincuore perché costretti, per ristabilire la giustizia e poi la pace. In tempi recenti si è arrivati perfino a definire le guerre come umanitarie. Una bestialità lessicale prima ancora che etica perché, in questo aveva ragioni da vendere Albert Einstein, la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire. Se i popoli maturassero una consapevolezza attiva che la guerra, ogni guerra, è fatta allo scopo di ampliare il dominio di chi già li domina a fini di interessi ristretti di categorie privilegiate, insorgerebbero rifiutandosi di combatterle. Se ancora si combattono le guerre è perché troppi cittadini, per i motivi più diversi, si rendono complici di chi sfruttando a loro favore risentimenti, paure, ambizioni, speranze, passioni, intolleranze ecc. li rende persuasi che in fondo, anche se a rimetterci la pelle sono e saranno sempre loro, tuttavia vale la pena combattere, essere dichiarati eroi, gloriarsi di qualche medaglia al valore e del nome scritto su qualche lapide a futura memoria.