Sta volgendo al termine questo 4 novembre trascorso all’insegna, ancora una volta, della retorica nazional militarista.
Non è in discussione, dal mio punto di vista, la possibilità, o se volete pure il dovere di commemorare i caduti in guerra, se questo significasse un prendere coscienza della bestialità di tutte le guerre e il rinnovato proposito di non più ricorrervi come per altro è solennemente sancito in Costituzione. Purtroppo non è così e, per quanto si ami proclamare che la guerra è sempre un orrore e, almeno apertamente, nessuno faccia professione di volervi fare ricorso, quanto sta avvenendo è di segno contrario. A iniziare dagli investimenti sempre crescenti in nuovi armamenti e dalla vendita degli stessi a cui anche il nostro Paese partecipa. Mi è capitato di assistere, sia pure in disparte, a una di queste commemorazioni proprio ieri. Si è svolta tra un misto di religiosità e di retorica che, lo confesso, mi ha infastidito. Non poteva non iniziare che con l’alzabandiera, le note dell’inno nazionale al quale si è aggiunta la colonna sonora della canzone del Piave, inframmezzati dalla preghiera dell’alpino, da suoni di tromba, comandi di attenti e riposo, preghiera e benedizione. Mi è venuto spontaneo pensare che se invece che a Dio onnipotente la preghiera fosse stata rivolta al dio Marte non avrebbe fatto alcuna differenza e forse qualcuno dei presenti nemmeno se ne sarebbe accorto. Mi domando come sia possibile oggi, nel 2024, ricorrere ancora a tali forme di religiosità così in contrasto con il Vangelo e, laicamente, non saper fare memoria, non solo dei morti caduti in guerra, ma pure delle ragioni abiette che spinsero a sacrificare migliaia di vite umane per la soddisfazione di una classe dirigente che a tutto mirava tranne che al bene di quel popolo al quale fu chiesto il sacrificio di così tanti innocenti. Mi è parso poi paradossale, ma al contempo illuminante della stupidità della guerra, vedere immobili sull’attenti, mentre echeggiavano le note della canzone del Piave, i nipoti di quei nonni che in quella inutile strage, come la ebbe a definire il papa Benedetto XV, furono costretti a combattere contro i fanti e gli alpini commemorati. Nota a margine.
È notizia locale di oggi quella di una famiglia che, pur disponendo delle risorse economiche sufficienti per poter affittare un appartamento, non riesce a trovare casa e versa in condizioni al limite della disperazione. Per gli appetiti militari non si bada a spese, mentre per offrire risposte ai bisogni vitali delle persone, non ci sono risorse e neppure la volontà politica di cercare delle soluzioni. No davvero, non c’è nulla da festeggiare, ma solo da rimboccarsi le maniche per costruire una società nella quale valga la pena impegnarsi per vivere e non per imparare a uccidere e guerreggiare.