Ci risiamo! Ancora una volta è un rullar di tamburi, proclami minacciosi, scintillare di sciabole in nome di esigenze umanitarie. Nel segno apparente di una luciferina miopia politica, in realtà per ragioni geopolitiche inconfessabili, ci si prepara all’ennesima guerra “umanitaria”.
Le motivazioni addotte pubblicamente, come è sempre accaduto, divideranno l’opinione pubblica tra favorevoli e contrari, dove i favorevoli troveranno mille ragioni per sentirsi dalla parte del giusto. E chi non vorrebbe che cessassero le violenze di un regime certamente oppressore come quello siriano nei confronti di tanti innocenti? Chi non prova orrore di fronte alla morte inflitta con il gas a centinaia di persone tra le quali innumerevoli bambini che avevano soltanto il torto di trovarsi dov’erano al momento del crimine perpetrato a loro danno? Il problema di fondo è che non sappiamo e probabilmente non sapremo mai chi sono davvero i responsabili. Quello che sappiamo con ragionevole certezza è che la prima vittima di ogni conflitto è la verità; che gli interessi in gioco nell’area sono molteplici e difficilmente districabili, che gli unici innocenti sono la popolazione martoriata, i profughi, i morti ammazzati, non importa per opera di chi, non certo quanti sono stati a vedere e che in un modo o nell’altro hanno sostenuto le parti in conflitto, armandole. In troppi oggi fingono di dimenticare che una protesta, inizialmente pacifica, certamente repressa duramente nel sangue, si è trasformata rapidamente in rivolta armata. Sappiamo bene che non sarebbe stato possibile senza il foraggiamento interessato da parte di chi aveva convenienza a farlo. E come sempre, anziché intervenire a spegnere il fuoco quando è appena appiccato, si è preferito e si preferisce intervenire quando ormai è tanto diffuso da cancellare le responsabilità di chi lo ha appiccato, aggiungendo altra benzina per poi potersi giustificare nell’uso di strumenti che non potranno che essere distruttivi, anche se giustificati come inevitabili e necessari per salvaguardare vite innocenti. Le guerre si nutrono tutte di menzogne; non può essere diversamente. Menzogne così lusinghiere da sembrare persino attendibili verità. Il fatto è che in barba agli enunciati magniloquenti della carta delle Nazioni Unite, a nessuno degli attori coinvolti in questo come in altri conflitti interessa veramente il destino dei popoli, della gente che la guerra non la vuole e non la desidera anche quando protesta per diritti che le sono negati. A lor signori interessa poter continuare a dominare; spartirsi i dividendi, ricavarne dei vantaggi. Noi poveracci, che non siamo dentro le segrete stanze del potere, siamo nostro malgrado costretti a schierarci sulla base di informazioni parziali e interessate e, come tifosi allo stadio, indotti a tifare per una squadra o l’altra senza comprenderne le vere ragioni. Per parte mia so solo schierarmi dalla parte delle vittime, delle loro grida sempre inascoltate, usate e strumentalizzate, mosso da un’unica convinzione: che la guerra non è mai una soluzione, tanto più, come si è sempre fatto in tutte le guerre recenti, si è atteso a intervenire usando di tutti gli strumenti che la comunità internazionale si è data, soltanto quando era troppo tardi e con l’unico strumento che pare sappiano ancora usare, come ai tempi delle caverne: la forza bruta, con la quale prevale, al momento, chi ne ha più da spendere. Dovremo per forza rassegnarci a quest’unica soluzione?