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30 nov 2006
Punto d'Incontro su CORRIERE DEL TRENTINO
Scritto da Piergiorgio |
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Il direttore e don Dante: «Siamo persone come tutti»

Il Punto d’Incontro si svela: un mondo di gesti e pensieri per comprendere «l’Altro»

 

Bortolotti presenta il suo ultimo libro

 

TRENTO – Per Martin Buber il rapporto con l’Altro non equivaleva a una relazione qualsiasi, ma era il rapporto per eccellenza, questione primaria della filosofia. Per Emmanuele Levinas, che qualche decennio più tardi si è spinto oltre, il primato etico dell’Altro diveniva argomento indiscutibile.

Dal piano teorico alla vita di tutti i giorni, Piergiorgio Bortolotti ci mostra, nel suo secondo libro, come sia possibile spingersi veramente oltre su questa strada; la «strada», piena d’amore, di don dante Clauser e della cooperativa «Punto d’incontro» (la casa di accoglienza di Trento per i senza dimora). Il volume è appena stato edito per «Il Margine», riprende nel titolo il nome della cooperativa di via Travai, conta 224 pagine e ritrae in copertina la fotografia di una quindicina di volti, tutti sorridenti gli uni stretti agli altri, scelti fra gli «ospiti» e i volontari del Punto d’incontro. In basso a destra, tra la sua «gente», c’è proprio lui. «Non siamo persone eccezionali – ha detto Bortolotti – e coloro che accogliamo non sono degli alieni. Noi siamo persone come tutti, con pregi e difetti in abbondanza». Per la presentazione del volume – ieri a Trento all’oratorio del Duomo – accanto a Piergiorgio Bortolotti sedevano l’assessore alle politiche sociali del Comune Violetta Plotegher, il direttore di «Vita Trentina» don Ivan Maffeis e don dante Clauser. Le pagine del libro, come un racconto di prima mano da parte di chi ogni giorno vive e lavora per gli altri, hanno offerto un dibattito cordiale ed emotivo su temi troppo spesso dimenticati. Nella sua opera l’autore racconta con una stupefacente naturalezza la sua esperienza da quando nel 1979, dopo dieci anni di lavoro in fabbrica come operaio, decide di licenziarsi per aiutare don Dante al Punto d’incontro. Poi, mai un ripensamento. Mai una debolezza. Mai, a giudicare dalla spontaneità con cui racconta del suo libro, la voglia di tornare indietro. «Accogliere qualcuno – ha spiegato – è il gesto più bello che si possa esprimere. È l’unica cosa per cui valga la pena battersi nella vita». Il libro dimostra inerenza anche sul piano della amministrazione pubblica. «è difficile – ha detto Violetta Plotegher – fare politiche per i più deboli quando sono i più forti a determinare il consenso. Dal libro, denso di responsabilità etica, c’è molto da imparare». Don dante, così come l’autore, dicono di credere che un giorno, fosse anche solo un’utopia nella quale vale la pena di sperare, non ci sarà più bisogno di un «punto d’incontro». «Mi sono arricchito enormemente insieme a loro – spiega Bortolotti – e ho imparato a capire che anch’io devo essere accolto da loro. Sta in questo il rapporto fondamentale della reciprocità: non si deve mai pensare di avere soltanto qualcosa da dare, ma si deve essere consapevoli che anche loro possono darci molto». «Loro», «loro» e ancora «loro». I senza tetto, i molti che a Trento hanno bisogno di un posto per dormire e per mangiare. «Loro», che incontriamo tutti i giorni, senza fermarci. Sono un mondo di gesti, pensieri e sentimenti, un paesaggio mentale e un girotondo di destini uguali al nostro. Ma occorrono Piergiorgio Bortolotti, e don Dante, che dicono di «non essere persone eccezionali». Sì, è una «storia diversa per gente normale» direbbe Fabrizio De André, e una «storia comune per gente speciale».

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