La neve cedeva un po’ del suo manto
alla terra;
anche il ghiaccio,
ma solo qualche angolo spiccio
baciato dal sole:
quel tanto da farmi sognare.
Ascoltavo, rapito,
mormorio di ruscelli rabberciati,
che righiacciavano a sera,
tornando silenti,
ammutoliti dal freddo.
Sentinelle indolenti,
annunciavano, pigramente,
primavera.
E già correvo a perdifiato
sui prati.
I capelli arruffati dal vento,
negli occhi la luce del sole
tornatomi amico,
nel cuore la gioia
repressa già a lungo,
negli orecchi, gorgheggio d’uccelli
innamorati
La terra, ridestata alla vita,
ricominciava sanguigna;
veloce;
colorata;
impetuosa.
…E io tornavo, nuovamente, monello.