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A mio padre
Letto 3722 volte | Pubblicato in Ritratti

Il passo era

stanco,

l’animo lieto,

nel vederci

bambini

correrti incontro.

Eri uomo davvero

speciale.

Rotto ad ogni

fatica,

le mani callose,

il cuore aperto

per tutti.

A tavola sedevi,

da re,

su un umile

sedia,

ed eri per tutti

un conforto.

Crescendo,

pensai: non è vero!

Avevo bisogno

di spazio,

di un’arena

più grande

in cui misurarmi.

L’ho fatto e rifatto:

ora ho perso,

ora ho vinto;

son cresciuto

più uomo.

Tu,

intanto,

hai lasciato;

sei partito per l’ultimo

approdo.

Come al bar,

la domenica,

ti ha tradito l’ultima mano,

nel gioco alle carte

che è la vita.

Quando a sera

talvolta da solo,

mi abbandono

al ricordo,

e furtiva

giocosa

una lacrima mi appare

sul viso,

le tue mani callose,

mi stringono ancora

a ristoro.

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