È la storia, spezzata in due (antefatto e conclusione), come lo è la sua vita; vita di un senza dimora, del tutto particolare: Giuseppe Libero, questo il nome del protagonista. Di lui si racconta l’infanzia e l’adolescenza e poi lo si ritrova, divenuto il Barba, nella seconda parte della narrazione, nella quale si ispeziona un mondo nuovo, quello di certe comunità di religiosi che dedicano la vita al prossimo:disperati, dimenticati da tutti.
Il testo presente in quarta di copertina
«…Piaceva anche cantare a barba o zufolare come i merli a primavera…»
«…”Volerlo diverso”! Ecco forse inconsciamente don Carlo lo voleva diverso, doveva ammetterlo e un po’ gli dispiaceva quando se ne usciva con certe sfuriate nei suoi confronti…»
«…Quella mattina di settembre 1985, si era verso la fine del mese, qualcuno notò l’uomo dal cammino incerto attraversare il viale dei giardini, poi lo si vide barcollare e cadere a terra. Chi era presente corse in suo soccorso, chiamò l’ambulanza dicendo che il barbone si era sentito male…»
«…Nel tardo pomeriggio le condizioni di salute del Barba peggiorarono all’improvviso; se ne accorse l’infermiera di turno che si avvicinò per constatarne la situazione. Barba, con voce flebile, le domandò di aprire un poco la finestra, cosa che lei fece; poi domandò di stringergli la mano: «Sa, ho un poco paura…» mormorò, «se invece mi tiene compagnia tenendomi la mano, sarà diverso… sarà un poco come… volare».
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