In quel tempo, sceso dalla barca, Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci». E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull'erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero loro; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
A distanza di più di duemila anni non abbiamo ancora capito nulla. Anche noi come i discepoli vedendo chi ha fame, chi ha freddo, chi versa nel bisogno siamo più portati a indirizzarli alla Caritas o a qualche altra realtà di volontariato perché se ne occupi. Così continuiamo a perpetuare quella scissione tra il dire e il fare che il Maestro aveva stimolato a superare attraverso il prendersi cura in prima persona di chi versa nel bisogno, attraverso la condivisione. Le nostre eucaristie sovente si riducono a semplici e innocue manifestazioni di religiosità e di devozioni senza quella spinta profetica che dovrebbero sprigionare spingendo quanti vi partecipano a contribuire a cambiare questo mondo fatto di tanto individualismo e preoccupazioni personali che non fanno crescere umanamente le persone. Se davvero il nostro essere cristiani fosse basato sull’avere interiorizzato quanto il Signore ha detto e fatto nella sua breve vita le nostre chiese magari sarebbero meno splendenti e un pochino più fredde perché prive di riscaldamento, ma piene di poveri che trovano in chi le frequenta quella tenerezza, quel sorriso, quella mano amica di cui hanno estremo bisogno. Allora potrebbero anche loro sedere comodamente “sull’erba fresca” e sentirsi finalmente signori.