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Sono forse io il custode di mio fratello?
Sono forse io il custode di mio fratello?

La risposta di Caino a Dio, che in Genesi risuona come rifiuto all’impegno di responsabilità che l’essere parte della stessa umanità, comporta, è la medesima che è risuonata ininterrottamente nel corso della storia e che tutt’ora risuona, talvolta sinistramente, magari ammantata persino da giustificazioni di carattere religioso. Eppure, a ben guardare, siamo geneticamente fatti per l’empatia: quindi costituiti, predisposti per la compassione; per la comprensione e la solidarietà verso i nostri simili. Segno che l’occuparsi della felicità degli altri, è parte integrante del nostro essere uomini e viene prima ancora di ogni teorizzazione etica o morale.

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Magari vi dite uomini;

uomini d’onore,

ma siete solo omuncoli,

bastardi e pure vili.

Tramate di nascosto

vivete entro l’ombra;

il sole a voi fa male,

rivelerebbe il poco di cui siete

imbastiti.

Vi manca la parola con cui

farvi capire.

Avete solo mani addestrate

ad ammazzare.

In questo siete bravi ma meno

delle belve;

loro lo fanno per nutrirsi,

voi solo per far male.

Sparando anche sui figli

vi confessate bassi;

è la misura vostra, spregevoli perdenti.

Gridate, urlate il suo nome,

coetanee che uscite festanti

da scuola

in questo autunno incipiente.

Non lasciatelo cadere nell’oblio

gridatelo al cielo e alla terra

urlate con forza: Malala!

Che sentano tutti,

anche quanti non vogliono

udire.

Sorridete ancora alla vita;

la stessa che a lei hanno preteso

strappare

perché, come voi,

voleva riconosciuto il diritto

di esistere: donna e persona.

Gridate forte il suo nome,

ragazze ragazzi e di oggi,

non lasciate cadere nell’oblio la sua storia

e quanto ci ha raccontato.

Giovani, a voi appartiene il suo sogno!

Lo dovete sognare con lei,

adesso che combatte tra la morte e la vita.

Pretendete, in suo nome,

che non accada mai più!

In nessuna parte del mondo.

Gridate il suo nome

fino a farvi sentire da lei

in quel letto d’ ospedale.

Il vostro grido le doni ancora forza,

e coraggio di lottare.

Gridate contro i suoi attentatori !

Sappiano che Malala non è sola.

Nei suoi occhi, neri, profondi,

io ho visto la meglio gioventù

del presente;

quella che esige rispetto, dignità per ciascuno.

Giovani, gridate ai suoi assassini

che il loro mondo è cosa vecchia;

senza futuro,

perché si regge su presupposti di morte

Le grida di dolore; il pianto dei bambini,

lo strazio di corpi martoriati come stracci abbandonati

lungo strada,

le invocazioni tacite di aiuto,

ci raggiungono discontinue, lacunose,

dalle periferie del mondo.

Si arrestano in scatti muti, fotogrammi rubati con pericolo

da pochi coraggiosi inascoltati,

mentre sediamo a sera consumando con il pasto

brandelli di telegiornale.

Poi si perdono, inghiottite in pubblicità che li cancella,

… che più bianco non si può.

Ritornano, attutite, qualche volta, nella notte,

e in questa giornata tiepida di primavera:

dentro i flutti delle acque che il torrente, camminandogli accanto,

mi rimanda,

che le foglie irrequiete dei platani impettiti

sugli attenti,

non riescono a tacere.

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