17Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.
18In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. 19Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
Di quale compimento parla Gesù in questo brano del vangelo? Estrapolato dal suo contesto più ampio potrebbe indurre a fraintendimenti, quali il ritenere che Gesù in fondo sia stato un semplice riformatore religioso che non ha apportato cambiamenti sostanziali. Ma non è così. Ha radicalmente messo in discussione l’immagine di Dio che era stata trasmessa in precedenza e che, accanto a una degna di considerazione, ne presentava altre che nulla hanno a che vedere con quella del Padre che lui ci ha rivelato. Allora il compimento che lui è venuto a portare non è un abbellimento di quella immagine che è forse quella che ancora in tanti ci portiamo dentro, ma una sua radicale mutazione riassumibile in quanto afferma Giovanni nella sua lettera: Dio è amore. E se noi siamo invitati ad essere perfetti come lui, farci suoi imitatori, lo possiamo solo nel segno dell’amore che, come ricorda Paolo nella lettera ai Romani, è il vero compimento della legge. L’unica legge del cristiano è la legge dell’amore, che come sa chiunque, non si può codificare una volta per tutte, ma richiede risposte nuove a problemi nuovi. Quindi disponibilità a farsi guidare dallo Spirito e non dalle abitudini, dal si è sempre fatto così, ecc.