15Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! 16Dai loro frutti li riconoscerete.
Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? 17Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; 18un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. 19Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. 20Dai loro frutti dunque li riconoscerete.
C’è un termine nel dialetto trentino che potrebbe ben riassumere quello che con parole semplici, alla portata di tutti, utilizza Gesù, in questa pericope evangelica, per mettere in guardia contro i falsi profeti. Il termine in questione è encantabissi, che tradotto significa grosso modo incantatore di serpenti. Lo si usa per definire una persone che con la sua favella sciolta ed efficace riesce a catturare l’attenzione delle persone e, soprattutto, ad apparire plausibile e seducente. Capita in ogni ambiente di vita di imbattersi in simili persone, anche dentro la comunità dei credenti, nella Chiesa. Il signore però, giustamente, ci avverte che ciò che fa la differenza non sono le parole ma le opere, ossia i frutti che produce una persona. I frutti sono il metro di giudizio che garantisce della bontà di ogni persona, se vive per amare concretamente gli altri o se vive per se stessa, per il proprio prestigio e tornaconto personale. Non conta quante volte al giorno una persona nomina dio o parla di lui, ma quanto testimonia il suo amore, facendosi strumento di quello stesso Amore da cui è amato senza merito e misura.