Le nostre assolate vacanze non sono turbate da quanto avviene nel mare, più oltre. Non ci giunge, con i flutti delle onde, il confuso, disperato, grido di aiuto. E poi, chi sono, questi uomini (uomini?) che navigano al largo su un gommone di morte? Solo numeri che passano veloci sullo schermo, nelle notizie serali; niente più.
Come è triste un Paese che dorme, che non sa più indignarsi; che finge di non vedere; che non ode. Possiamo ancora dirci civili; ma che dico? Dirci semplicemente persone? Voi, periti nel mare, schivati come appestati da chi vi poteva aiutare, non avrete neanche un fiore, una lacrima, come segno d’affetto. Però i morti siamo noi. Voi vivete; sì, ora vivete davvero, perché, a differenza di noi, Dio vi ha accolti. E non importa come lo chiamavate da vivi. Lui è Padre davvero. Noi magari ci diciamo suoi figli, ma non gli rassomigliamo per niente. Pace a voi, fratelli, annegati da un mare egoista, e, se potete, perdonateci la nostra viltà.