In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo.
Egli disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all'uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.
Ci basterebbe imparare a partire da questo invito/comando di Gesù all’uomo dalla mano paralizzata per contribuire a cambiare il nostro mondo interiore e di conseguenza i rapporti tra di noi e nel mondo intero. Appare chiaro che per Gesù ciò che è importante, ciò che è da mettere in mezzo, in quel caso in sinagoga, è l’uomo prima di ogni altra cosa. L’uomo e la sua dignità non riconosciuta; l’uomo e il suo bisogno di liberazione e di salvezza, l’uomo e il suo bene. Niente e nessuno avrebbe impedito al Signore di intervenire dopo essere uscito dalla sinagoga. Cosa poteva cambiare dal lato pratico per quell’uomo dover attendere un po’ per essere guarito? Gesù non la pensa così, per lui era necessario intervenire subito, allora si capisce che di mezzo non c’è solo una mano inaridita per la quale si poteva anche attendere, ma una situazione di oppressione religiosa che causava quell’inaridimento. Infatti l’esito finale è racchiuso in quella decisione di farisei ed erodiani di voler fare morire Gesù. Noi ci comportiamo da liberatori nei confronti di chi, oggi, schiavizza le persone oppure stiamo comodamente seduti sull’altra sponda. Tertium non datur.