In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino.
Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi».
Quando viviamo una gioia intensa, vera, profonda, non c’è alcun bisogno di dirlo perché chiunque ci avvicina se ne accorge e sarà quella stessa persona a chiedercene la ragione. L’invio dei discepoli, da parte di Gesù ad annunciare il regno ormai vicino, unito alla consegna di farlo soprattutto, se non principalmente, attraverso dei segni che lo confermino, quali la guarigione degli infermi, il risuscitamento dei morti, la purificazione dei lebbrosi e la liberazione dai demoni, non può che essere radicato nella fiducia che sia quanto la gente attende e che pertanto sia fonte di gioia sia per chi è in attesa sia per chi è mandato perché ha a sua volta ricevuto tutto gratuitamente. Dal sapersi amati dal Signore nasce la possibilità, come richiesto, di essere annunciatori del regno senza “rete di protezione”, sapendosi custoditi dal Padre. Non sempre nel corso della storia i discepoli di Gesù hanno saputo farlo. La storia della Chiesa, di ieri e di oggi è lì a dimostrarlo, avendo preferito la sicurezza offerta dal prestigio, dal potere, dal denaro, anziché dallo Spirito che sempre l’accompagna. E noi?