22Giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. 23Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: "Vedi qualcosa?".
24Quello, alzando gli occhi, diceva: "Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano". 25Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. 26E lo rimandò a casa sua dicendo: "Non entrare nemmeno nel villaggio".
Preso per se stesso questo brano del vangelo rischia di apparire alquanto singolare, quasi che il Maestro per ridare la vista al cieco debba prodursi in tentativi un po’ maldestri prima di riuscire nell’intento. Ma al di là della cronaca, per così dire, vale a dire di quanto realmente accaduto, il senso mi pare abbastanza chiaro e riguarda ciascuno di noi. Anche noi siamo dei ciechi ai quali è offerta la possibilità di vedere sempre un po’ meglio in termini di fede a condizione che ci lasciamo guidare dalla Parola, che ci affidiamo senza resistenze al Signore e che accettiamo di impegnarci nella nostra vita a vivere sostenuti dalla piena fiducia nel Signore, una volta sperimentata la sua presenza, anche se parziale, anche se incerta, anche se perplessa, senza ritornare alle consuetudini, il villaggio!, abbracciate in precedenza, che ci impedivano di vedere in modo chiaro e che, se riprese, ci impedirebbero di camminare sorretti da una fede fiduciosa, dalla speranza che si sostanzia nella carità.