Nel buio fitto di questi nostri tempi, caratterizzati da violenza senza fine, immaginare un futuro diverso per quanti vivono in quella terra contesa da decenni, che chiamiamo Palestina e Israele, potrebbe sembrare un esercizio privo di senso.
Eppure io credo sia proprio di noi umani sperare anche nei momenti più tragici, non per aggrapparsi a qualche facile e fantasiosa consolazione, ma come esigenza profonda che ci deriva dalla chiamata a vivere a dispetto di qualunque difficoltà. A suggerirmelo non sono mie elucubrazioni, sarebbe troppo facile da parte mia che non mi trovo a vivere in quel contesto, ma la testimonianza di persone che invece con quella guerra devono fare i conti quotidianamente e che tuttavia non soccombono alla chiamata all’odio verso il nemico. Ci sono, forse sono voci flebili, più ancora silenziate perché troppo scomode, persone sia tra palestinesi che israeliani che sanno ancora tenersi per mano e immaginare un futuro di pace nel quale sia possibile vivere gli uni accanto agli altri senza farsi del male. Sarà un cammino lungo, irto di ostacoli e faticoso, ma sarà l’unico in grado di garantire giustizia, pace e sicurezza, quello dell’incontro tra i due popoli e il riconoscimento reciproco all’esistenza. Il cammino dovrà passare attraverso il riconoscimento reciproco di torti e ragioni e dal perdono. La guerra potrà anche avere, militarmente nel breve periodo, un vincitore e un vinto, ma non potrà mai essere una soluzione. C’è un’ulteriore inderogabile necessità, io credo, perché sia possibile intraprendere un nuovo cammino: rinunciare a credere che possa esistere un dio, chiamato come si vuole, a sostegno di una parte o dall’altra, che possa volere la distruzione e la morte dell’avversario. Un dio così dovrà essere messo da parte; scacciato. C’è un cantico nel libro di Isaia, un canto messianico che potrebbe essere fatto proprio da entrambi i popoli, a condizione che si riconoscano fratelli:
Rallegratevi con Gerusalemme, *
esultate per essa quanti l’amate.
Sfavillate di gioia con essa *
voi tutti che avete partecipato al suo lutto.
[…]
Poiché così dice il Signore:
«Ecco io farò scorrere verso di essa
la prosperità come un fiume; *
come un torrente in piena la ricchezza dei popoli;
i suoi bimbi saranno portati in braccio, *
sulle ginocchia saranno accarezzati.
Come una madre consola un figlio,
cosi io vi darò consolazione; *
in Gerusalemme sarete consolati.
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