Un tempo nelle feste di paese svettava in piazza l’albero della cuccagna; palo liscio e reso scivoloso con sapone o grasso, in cima al quale stavano dei premi, specialmente cibarie.
I giovanotti si sfidavano a chi riusciva, arrampicandosi, a salire più in alto. Era una gara di forza, muscoli e maestria. Magari anche di esibizione per mostrare che si era i più forti, ma in fondo, dietro ad ogni altra ostentata motivazione, non c’era forse la prima e fondamentale risiedente nel desiderio di accaparrarsi i premi in palio e magari farsi una gran mangiata? Forse il raffronto non è dei più indovinati, ma mi sa tanto che la prossima tornata elettorale, prevista per il prossimo 4 marzo, per non pochi concorrenti già in corsa o in attesa di salire su qualcuno dei listini in preparazione, sia vissuta come quelle vecchie gare. Con la differenza che pere salire sul palo della cuccagna serviva possedere reali capacità, ancorché limitate, mentre non pare sia necessariamente così per essere catapultati in parlamento o al senato. È invece sotto gli occhi di tutti, basta soltanto prestarvi un minimo di attenzione e possedere un po’ di senso critico, osservare quanti siano indaffarati, non tanto a dimostrare di essere portatori di progettualità e visione, quanto di attitudine a denigrare l’avversario, gli avversari (dipingendoli come nemici), quasi che il confronto non fosse tra scelte diverse, quanto piuttosto tra presunti buoni contro cattivi, onesti, contro disonesti, ladri contro probi cittadini. Insomma, per farla breve pare prevalga l’accanimento a rendere il più scivoloso e liscio il palo dell’arrampicata, piuttosto che concentrarsi sul dire quali sono i premi in palio e come sia possibile procurarli. Come i giovanotti che si sfidavano nella salita del palo della cuccagna, badavano a dissimulare la vera ragione che li muoveva a gareggiare, così non pochi contendenti nell’arena politica fanno di tutto per celare ciò che li muove in profondità: l’ambizione, il desiderio di potere, l’arroganza, la presunzione. E allora eccoli a rivaleggiare a chi la spara più grossa, a chi alza maggiormente la voce, a chi offende di più e a chi si presenta esibendo un oncia in più di onestà. Le qualità di una persona non sono il risultato di una operazione di lifting che si può conseguire all’ultimo minuto, sottoponendosi a qualche training magico in grado di fare nuovo l’individuo. Le luci del palcoscenico possono ingannare gli spettatori più sprovveduti; purtroppo ce ne sono molti che si lasciano turlupinare dai giochi di prestigio, prestando più attenzione alle scenografie, ai lustrini, agli imbonitori, che a quanti (pochi o tanti) usano un linguaggio di verità, fanno parlare i fatti e con modestia e umiltà, ma pure con passione e determinazione propongono progetti che hanno al centro l’uomo. Non l’uomo generico e neanche la “ggente”, ma l’uomo concreto: i poveri, i senza diritti, e quanti aspirano a una cittadinanza piena. Qualunque sia la vostra scelta il prossimo 4 marzo (non sta a me dare indicazioni di voto), scegliendo chi votare, considerate se quella tal persona ha dimostrato di saper fare qualche cosa di valido e di concreto in precedenza; se ha saputo spendersi per gli altri o se sapeva solo “cantare” come le cicale l’estate. In questo caso ricordate che se eletta, saprà soltanto chiedere a voi qualcosa da mangiare il prossimo inverno.