Il presidente del Consiglio Draghi nella presentazione al Senato delle linee programmatiche del nuovo governo da lui presieduto, ha affermato che si tratta di un governo senza aggettivi.
Se con questa affermazione intendeva dire che a differenza dei due precedenti non lo si può definire verde/giallo o giallo/rosso e che sarebbe difficile, per non dire impossibile connotare con qualche altro colore perché si dovrebbe ricorrere con tutta probabilità ad un acronimo che riassuma svariati colori, allora ha detto bene. Ciò detto rimane vero però che ogni governo non può non caratterizzarsi per qualche cosa di specifico, pertanto ritengo sia velleitario definirlo senza aggettivi. Già la composizione offre una possibile lettura di quella che sarà la cifra del nuovo governo perché i membri che lo compongono non piovono da Marte. Si tratta di persone che hanno una storia, oltre che una specifica preparazione, che hanno compiuto in passato delle scelte di un certo tipo anziché altre e il fatto che siano questi e non altri a reggere determinati dicasteri, quanto meno offre una possibile indicazione verso quali lidi sia destinato a navigare il nuovo esecutivo. È stato detto che è un governo di unità nazionale e se per unità nazionale s’intende uno sforzo comune di tutte le forze politiche coinvolte di dare attuazione, attraverso le scelte che saranno fatte, ai principi costituzionali che stanno alla base del nostro essere una comunità di persone che si riconoscono in quei principi, la cosa avrebbe certamente un senso. Ma sappiamo bene che non è così, e benché tutti i ministri giurino di essere fedeli alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le proprie funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione, all’atto pratico – la storia ce lo insegna abbondantemente – tale giuramento trova sempre il modo di essere tranquillamente bypassato sotto la spinta di interessi personali e di gruppo, vera ragione motivazionale di non pochi tra quanti operano all’interno delle istituzioni. Se a questo aggiungiamo che la composizione della nuova maggioranza che si accinge a votare la fiducia al nuovo governo è quanto di più eterogeno si sia mai visto e che, per quanto si affermi il contrario, non ci troviamo in una situazione analoga a quella dell’immediato secondo dopo guerra, a me pare che non ci siano ragioni particolari per dirsi ottimisti. C’è una cosa che immagino sarà diversa dal recente passato. Non ci sarò dato di assistere a performance imbarazzanti e decisamente meschine quali ad altre abbiamo assistito da parte di presidenti del Consiglio e di ministri vari che si sono succeduti. Non è cosa da poco anche se non sufficiente.