È difficile capire quali siano i reali sentimenti che percorrono le coscienze in questi giorni e quali gli intendimenti dei vari governanti coinvolti nella gestione della crisi in corso in Europa
che, semplificando un po’ troppo, è definita come riguardante un solo paese, l’Ucraina. Tanto per cominciare non è una questione nata da poco; tutt’altro! Sono anni che sul quel confine tra Ucraina e Russia si fronteggiano eserciti e milizie armate ciascuna detentrice di una sua verità e portatrice di interessi che paiono inconciliabili. La storia recente e passata non è di grand aiuto se non per descrivere le ragioni che sono alla base dei profondi dissidi, trattandosi di una zona di confine che, come tutte le zone di confine rappresentano un crocicchio di popolazioni, lingue, costumi, religioni e interessi utilizzati di volta in volta, dagli uni o dagli altri, per avanzare pretese e supremazie. Realtà complesse che potrebbero essere segno ed epifania di conoscenza, di incontro, di riconoscimento reciproco, quando si intrecciano con revanscismi, predomini, disconoscimento del diverso da sé possono trasformarsi in polveriere pronte ad esplodere da un momento all’altro. E c’è chi ha interesse a che accada, facendo leva su paure ataviche o rinfocolando odi sopiti, torti dimenticati. Le persone normali, ordinarie, quelle che per vivere faticano dall’alba al tramonto e che sono accomunate da condizioni di vita simili, sanno andare d’accordo anche con chi avvertono diverso pur nella comune condizione di essere umano. Non così per chi detiene il potere ed è mosso da appetiti famelici di dominio, di ricchezza, di superiorità. Costoro sanno bene come catturare, volgendo a loro favore, il consenso della gente, di quella stessa gente che se serve sono pronti a mandare al macello, a scontrarsi con quegli stessi altri che in circostanze normali non si sognerebbero mai di combattere. Il nemico è necessario crearlo se non c’è, e quando c’è, renderlo il più mostruoso possibile perché solo così si può detestarlo fino a volerlo annientare. A chi vive del sudore della propria fronte sfuggono gli intrighi, il gioco a scacchi, gli interessi geopolitici dei così detti “grandi”, e questi hanno tutto l’interesse ad occultare la verità degli interessi in campo appellandosi di volta in volta ad ideali da perseguire, pericoli da scongiurare, a diritti da difendere. In alto si continua a parlare di pace pensando e preparando la guerra, cosa che da tempo immemore i potenti paiono avere tanto interiorizzato da non accorgersi neppure che stanno mentendo a se stessi. È a fare la pace che abbiamo bisogno di imparare. A fare la pace nei conflitti che sono ineliminabili nella vita degli uomini, ma che si possono affrontare in modo costruttivo e dai quali, tutte le parti in causa posano uscire vincitrici. Per agire in questo modo è necessario, preliminarmente, bandire la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti, definirla immorale, abietta, follia ed educare i cittadini di ogni parte del mondo a sapere dire di più signornò, che signorsì.