È la più benevola delle accuse, quelle di equidistanti, nei confronti di quanti non si conformano alla narrazione prevalente, nel nostro Paese, riguardo alla tragica guerra in corso in Ucraina.
Ma essere equidistante significa ritenere che tutte le parti in causa siano ugualmente colpevoli e di conseguenza… innocenti. Non mi pare proprio che sia questo ciò che pensano quanti, e forse sono la maggioranza, sono contrari alla guerra e all’invio di armi in Ucraina. Davvero non si riesce a capire perché l’essere dell’avviso che la guerra non sia la soluzione ma che questa vada cercata tramite il negoziato debba significare che si è dalla parte dell’aggressore. Così come non si capisce perché mai dirsi ed essere pacifisti, meglio, inveterati e convinti costruttori di pace, significhi non riconoscersi solidali e dalla parte delle vittime e non degli aggressori. Altra richiesta previa che viene fatta a coloro che manifestano tali sentimenti è premettere che Putin è uno spietato dittatore, un autocrate con il quale non è, non solo possibile, me nemmeno ipotizzabile parlare. Infine la domanda di rito, meglio la constatazione inscalfibile di chi ritiene la risposta armata l’unica via praticabile è: e allora come pensate di tutelare le vittime? Non vale per costoro che si cerchi di premettere che forse non è stato fatto tutto quanto possibile per evitare la guerra, o peggio tentare, non già di giustificare, ma cercare di capire le ragioni più lontane e prossime della stessa. Acqua passata ti rispondono. Adesso che si fa? Quello che non si fatto prima; semplice. Muovere tutte le forze e le energie possibili per giungere a un cessate il fuoco e poi negoziare, negoziare e ancora negoziare fino a un vero accordo di pace. Accordo di pace che, tenendo nella giusta considerazione le ragioni di tutte le parti in causa, non per questo rinunci a perseguire la giustizia e la riparazione dei torti, ma in uno spirito di collaborazione e riconoscimento reciproco, senza la pretesa di capitolazione di nessuno. La guerra illude di riparare torti e sanare ferite che solo il tempo, forse, può in parte risanare. La guerra, tutte le guerre, non fanno che accrescere gli odi e i desideri di rivincita. Le vie della pace sono ardue, servono persone di grandi idealità, di integra umanità e pure di profonda spiritualità per percorrerle, ma sono le uniche che possono davvero conseguire risultati duraturi. Battersi per la pace e farlo in tempo di guerra non significa affatto essere equidistanti, quanto credere che anche in quelli che sono considerati i propri nemici possa albergare un fondo di umanità e battersi per farla emergere e prevalere. Significa avere fede nell’uomo, nella comune umanità.