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Schiaffi insistenti
Schiaffi insistenti

La cronaca ci rimanda di continuo accadimenti che sono come tante pietre di inciampo per chi le voglia vedere, soffermarsi a riflettere e decidere da quale parte stare. Sono del parere che il mondo potrà cambiare in meglio solo quando ciascuno di noi saprà sentire, come scriveva José Martì, sulla propria guancia lo schiaffo dato sulla guancia di un altro uomo.

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Obbrobrio

vergogna

disonore

di noi che ci professiamo democratici

civili

difensori degli umani diritti…

Il silenzio assordante

di chi ci governa

di quanti potrebbero intervenire

a far cessare la mattanza

è cosa oscena;

è come fingere di non vedere…

Ci si limita a mormorare

qualche fiacco dissenso

premesso dal ripetuto

incessante

imposto distinguo:

Israele ha diritto di difendersi.

E i bambini di Gaza?

e le donne?

e i civili ammazzati ogni giorno?

Chi muore di stenti, di freddo, di fame

chi li difende?

È insopportabile così tanto dolore!

A Gaza l’umanità è naufragata.

I missili non sono intelligenti,

ma quanti li fabbricano si reputano

pensanti.

Di più, si credono brillanti.

Che quanto progettano

fabbricano

realizzano

possano uccidere innocenti

straziare carni,

cuori e menti…

forse neanche li sfiora

quale vago pensiero

della loro

mente.

Si giudicano innocenti:

il politico

il fisico,

l’ingegnere

l’operaio

il capitano che dà l’ordine

il soldato semplice che aziona

il meccanismo che innesca

il lancio di ciò che porta morte

a figli e famigliari

di altra gente.

Tutti irresponsabili si pensano…

La colpa di chi è?

Dei morti ammazzati:

sostavano dove non dovevano

stare…

Strana cosa

la guerra:

a parole la combattono

con roboanti dichiarazioni

ordinanze

decreti

capi seduti su troni

di cartapesta.

Sul campo guerreggiano

uomini destinati in silenzio

a morire.

I primi non sono silenti;

tra nemici ci si parla,

magari in segreto.

Si discorre di assetti

futuri.

Ci si scambian prigionieri…

(per rimandarli a battagliare?)

Solo i morti non parlano più

interrati in luoghi

diventati stranieri,

dominati da torti e ragioni

dissepolti.

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