16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.
19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio".
Chi direbbe mai che la verità è un fare? È quanto suggerisce il testo del vangelo odierno. Noi siamo piuttosto propensi a sostenere che la verità è un concetto, consiste in una tesi, un ragionamento. Invece no, per il Signore la verità è un fare un agire coerente con l’adesione a lui stesso. Insomma essere cristiani non consiste principalmente in una adesione a una serie di dogmi o nel ritenere per vero una dottrina, quanto vivere pienamente nell’amore, alla luce del sole, per così dire, rifuggendo dal fare il male che al contrario richiede nascondersi per timore di essere riprovati. Sempre chi fa il male, in ogni ambito, cerca in tutti i modi di mostrare che in realtà intende operare secondo giustizia e magari lo fa anche dicendosi credente e più credente di tutti gli altri. Chi agisce in questo modo si condanna da se stesso, anche se Dio ci ha donato il proprio Figlio perché fossimo salvi, ma la salvezza la si consegue credendo, cioè aderendo a lui, non certo proclamando a parole la propria fede.