Per quanto sia conosciuto e in via teorica condiviso, se non da tutti, da molti, questo è uno di quei comandamenti meno osservati nel mondo.
Non solo si continua ad uccidere, colpevoli e innocenti, ma si trovano per tutte le uccisioni delle giustificazioni, o comunque delle ragioni per sostenerne quanto meno la liceità. Avviene in campo giuridico per quanto riguarda la pratica della condanna a morte in varie parti del mondo; succede nella visione di chi, in nome della legittima difesa si spinge a sostenere la giustezza in ogni caso della risposta violenta e armata a chi compie reati contro il patrimonio; succede da parte di quanti giustificano atti persecutori, atteggiamenti xenofobi o razzisti nei confronti dei “diversi” da sé. Succede da parte di chi, pur non ricorrendo alla pratica della violenza fisica, pratica quella verbale che talvolta non fa meno male della prima. L’aggressività siede costantemente ai nostri piedi e come un’ombra ci accompagna lungo i nostri giorni, ecco perché ha così ampia diffusione e perché nonostante i tanti progressi fatti in ogni campo dobbiamo umilmente riconoscere che ne siamo tutti quanti un po’ schiavi o a rischio di schiavitù. Se le cose stanno così non c’è da meravigliarsi che nel mondo siano in corso tante guerre. Non sono solo frutto di scelte fatte sopra le nostre teste da parte di chi comanda e ha in mano il destino dei popoli. Se fossero solo loro a volerle non potrebbero causare tanti guai. Per agire, chi comanda, chi tiene in mano le leve del potere, ha bisogno di migliaia di sudditi obbedienti. Nessun comandante potrebbe muovere guerra a chicchessia se non avesse sotto di sé migliaia di soldati obbedienti. Nessuno stato potrebbe contare su armi sempre più micidiali se non avesse al suo servizio migliaia di tecnici, scienziati e costruttori di sistemi d’arma. Presi uno per uno, queste migliaia di persone magari sono anche persone per bene, convinte di non fare niente più che il proprio dovere e di non doversi giustificare per quanto fanno. È il solito discorso di deresponsabilizzazione che nasce dalla convinzione che il proprio limitato apporto non sia poi così determinante nella attuazione finale di quanto avviene. Invece tutto si tiene, come le tessere di un domino. Le migliaia di vittime innocenti di Gaza, così come quelle di altri contesti di guerra gridano al Cielo e dovrebbero sconvolgere anche le nostre coscienze; non darci tregua fino a quando non sapremo imporre il silenzio delle armi e l’avvio della costruzione di percorsi di pace nella giustizia. Siamo troppo afoni come opinioni pubbliche; i governanti possono continuare a trastullarsi con frasi di circostanza di apparente condanna e di sostengo a chi la guerra la fa, la vuole e la giustifica in barba al dovere di non uccidere che porta morte al fratello ma anche all’uccisore.