Al di qua dell’immaginario sicuro confine, quello che perpetua in noi che vi risediamo, l’illusoria convinzione che la guerra sia cosa che necessariamente riguarda e riguarderà altri e non noi, sfuggono a molte, troppe persone le avvisaglie che dicono altro.
A leggerle scevri da pregiudizi, per quanto è possibile conservare lucidità di pensiero nel frastuono di così tante notizie che ci vengono rovesciate addosso, difficile sottrarsi a ben più che una semplice sensazione, che ci vogliano cioè persuadere dell’inevitabilità di una guerra che prima o poi – nostro malgrado! – ci tengono a ribadire, mettendo le mani avanti, ci vedrà direttamente coinvolti. Guerra contro la Russia o anche altri paesi; guerra in difesa della civiltà occidentale, della democrazia, volta a difenderci, non ad attaccare. Sanno bene come preparare l’opinione pubblica a predisporsi ad accettare anche ciò che in altri momenti mai accetterebbe. Funziona come con tutto ciò che dà dipendenza. Inizia con rimandi all’apparenza neutri o seducenti, poi si fa via via manifesta l’insistenza sulla improrogabilità di scelte che si fanno, è ovvio, obtorto collo, in previsione di un bene superiore. È chiaro che ai nostri tempi non sono più spendibili slogan utilizzati in passato per motivare sostengo a ciò che appare sempre più cosa oscena, ma i modi di manipolare le opinioni pubbliche ci sono anche ai nostri giorni e a quanto pare funzionano a meraviglia, basti osservare il consenso che ottengono leader che a vederli da vicino nel migliore dei casi fanno pena, se non orrore. Putin potrebbe attaccare l’Europa, ci avvertono, e allora occorre prepararsi armandosi e possibilmente prevenirlo. Si aumentano le risorse economiche per gli armamenti e si disegnano possibili scenari di guerra; si rinforzano e si militarizzano i confini orientali, si predispongono manovre militari spacciandole come routine. Anche il nostro Paese non è da meno e tanto per cominciare si cerca di affossare la legge 185/90 sull’export militare iniziando con l’eliminazione di ogni informazione riguardo agli Istituti di credito che operano nel settore dell’import/export di armamenti, di modo che i correntisti non sappiano più quali banche ottengono profitti dal commercio di armi. Le armi si costruiscono per utilizzarle. Ritenere che non sia così è da imbecilli. Nessuno investirebbe risorse ingenti in qualsiasi prodotto che non porti degli utili. L’unico modo che frutta utili nel campo degli armamenti è il loro commercio e il loro utilizzo. Il prodotto finale dell’uno e dell’altro caso è la guerra. La guerra significa solo e sempre dolore, morte, distruzione e odio. Il 90% delle vittime di guerra sono civili, in maggioranza donne e bambini. Se i governanti avessero a cuore il bene delle persone, se noi, avessimo a cuore il bene nostro e degli altri, ci convertiremmo a un modo diverso di affrontare e gestire i conflitti che sono inevitabili, sia tra individui, sia tra popoli e nazioni, ma nonostante la storia e l’attualità mostri a iosa l’assurdità della guerra e della risoluzione dei conflitti attraverso la violenza e l’uso delle armi, si continua imperterriti verso… l’abisso. La pace cammina sulle nostre gambe, quelle di ciascuno di noi e quelle di chi deleghiamo a governare. Le guerre non son una fatalità, così come la pace, il dialogo, la concordia non nascono dal niente. Spetta a noi decidere direzione e senso di marcia, prospettive e costruzione del futuro: nostro e dei nostri figli e nipoti.