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Ultima modifica Mercoledì 31 Gennaio 2024 13:02
31 gen 2024
NIENTE DI PERSONALE
Scritto da Piergiorgio |
Letto 850 volte | Pubblicato in Il mio blog
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Mio malgrado in questi giorni sono al centro dell’attenzione per una vicenda che riguarda la mia presenza come volontario in carcere. Dopo la pubblicazione di un mio post su Facebook nella giornata di ieri che dava conto di quanto accaduto, ho ricevuto molti attestati di solidarietà, con varie prese di posizione. Riporto di seguito il post di ieri 30 gennaio e quello odierno del 31. Auspico una rinnovato interesse per quel pianeta ai più sconosciuto o dai più ignorato, che è il carcere in generale, perché possa essere sempre più sentito come parte del territorio e della comunità.

NON GRADITO Dopo dieci anni di onorato servizio (si fa per dire, per usare un concetto abituale), termino la mia presenza come volontario dentro il carcere di Trento dove mi occupavo del giornale Non solo dentro, in collaborazione con un gruppo di detenuti e l’apporto di alcuni altri volontari e volontarie. Da alcuni anni usciva in allegato al settimanale diocesano Vita Trentina e sostenuto da APAS (Associazione provinciale di aiuto sociale). Non mi è stato rinnovata l’autorizzazione ad entrare in carcere per il 2024. Sono stato alla porta dalla Direzione del carcere perché ritenuta persona “ostile”. Tutto nasce dalla pubblicazione di alcuni articoli critici di detenuti (sono stato ritenuto l’ispiratore?) che in quanto referente avrei dovuto censurare? Non ne faccio una questione personale. Spero che il progetto, anche senza di me possa continuare e che il giornale Non solo dentro possa continuare ad essere, come abbiamo sempre voluto che fosse, la voce della Casa circondariale di Trento. Rispettosa di quanti vi operano e ci vivono, ma anche veritiera di quella che è la vita reale dietro le sbarre, non dissimile da quella di tante altre realtà, pur in presenza di una struttura nuova e potenzialmente adatta allo svolgimento di tante attività che potrebbero concorrere a rendere la detenzione più sopportabile e capace di offrire reali percorsi di “rieducazione” come da mandato costituzionale. Il pianeta carcere per quello che lo conosco di persona, per quanto lo conosco dall’ampia letteratura al riguardo e non ultimo perché è una istituzione totalizzante, non serve a rendere migliori le persone rinchiuse. Nella migliore delle ipotesi le rende più avvedute, più scaltre; insegna a sopravvivere conformandosi all’ambiente o, se si è in grado di farlo, imponendosi sopra altri. Naturalmente in carcere vi lavorano anche persone, educatori, psicologi, medici, infermieri e agenti di custodia che svolgono i loro compiti con umanità e professionalità e che al pari dei detenuti vivono sulla propria pelle le innumerevoli contraddizioni congenite al sistema. Il carcere cambierà nella misura in cui cambierà la cultura della giustizia e della pena, come è stato per i manicomi e allora non sarà più utopistico immaginarlo come estrema ratio per i delitti più gravi, ma sempre salvaguardando la dignità e i diritti di chi viene recluso. Condivido quanto scriveva su Avvenire del 21 gennaio 2024 Don Vincenzo Russo Direttore pastorale carceraria Diocesi Firenze, Consiglio Direttivo di Nessuno tocchi Caino: “Di una cosa può esserci certezza. Se la comunità cristiana talvolta è assente o poco autentica, Dio è invece realmente presente dietro le sbarre, detenuto con i detenuti, oltraggiato con loro da indifferenza e rifiuto. Dio è insieme alla persona povera, ferita, sofferente che qui ha dimora. È luce per chi non ha forza di guardare al futuro. Non perché cieco, ma perché avvilito nella speranza. I veri ciechi siamo spesso noi fuori, falsi liberi, prigionieri di pregiudizi, di consolanti illusioni, di vuote aspirazioni”. (post del 30/01/2024)

GRAZIE, MA… Conforta e fa piacere essere oggetto di solidarietà e stima quando qualcosa viene a turbare la propria quotidianità e quindi, non potendolo fare con ciascuno e ciascuna in modo personale, ringrazio davvero di cuore quanti, a seguito della vicenda che mi riguarda come volontario in carcere, hanno voluto testimoniarmi solidarietà, vicinanza, stima e affetto. La cosa però che più conta è che per un momento si sia accesa una piccola luce su quella realtà che sorge in periferia a Spini di Gardolo, troppo spesso dimenticata. Il mio sogno sarebbe che anche da questa vicenda nascesse un maggior interesse verso quella realtà: per chi vi è rinchiuso e per chi ci lavora. Chi ci lavora a qualunque titolo vorrei che si sentisse incoraggiato e operare sempre più in un’ ottica di servizio (e usiamola questa parola!) alla persona; per chi vi è rinchiuso che l’interesse della collettività significhi davvero un farsene carico mentre sono dentro e quando escono. Sì, perché prima o poi escono – per fortuna! – e hanno il diritto a sentirsi ancora parte della comunità che con il reato hanno offeso ma dalla quale non poche volte sono stati a loro volta offesi. Senza tema di offendere nessuno, so bene che quanti sono detenuti non sono sempre “farina per fare ostie” come si dice da queste parti, ma forse che noi lo siamo sempre e davvero? Il carcere è un universo difficile con tante criticità, ma sono anche convinto che a fare la differenza tra una realtà e un’altra concorrono molti fattori e che uno di questi, che ha un peso specifico, sono le persone che vi operano. Ne ho avuto ampia dimostrazione in questi dieci anni e me lo hanno confermato ripetutamente le persone detenute. Sia io che i volontari e le volontarie che mi hanno affiancato in questi anni, alternandosi, abbiamo operato avendo ben chiara una cosa: che i reati si possono e si devono condannare, le persone si incontrano. Questo ha significato una relazione non giudicante, aperta a un dialogo sincero e veritiero fatto anche di momenti di dissenso e di scontro che, ne sono convinto, e per me è stato certamente così, ha fatto crescere in umanità sia noi volontari che i detenuti. A conferma riporto le parole che ci ha lasciato uno degli ultimi ragazzi della redazione di “Non solo dentro”, uscito di prigione nel periodo natalizio: «Siamo stati insieme circa un anno e finalmente sta arrivando il momento di salutarci. Visto il conteso molto difficile ci tengo tanto a ringraziarvi per tutto ciò che fate qui dentro. Innanzitutto grazie per avermi accolto nel vostro gruppo. Date quel calore che in questi luoghi manca e che io personalmente ne ho bisogno. Mi sono sentito accettato e ben valutato, oltre ad aver accresciuto la mia esperienza linguistica e avermi insegnato tante cose nuove. Avete dato voce alla mia penna, al mio pensiero, alla mia cultura e stile di vita che è diverso dal vostro. Il cuore che mettete in questa esperienza non è da poco e da tutti e ciò lo trasmettete  bene. Io l’ho percepito e non riesco a fare a meno di rendere grazie. Avete lasciato un segno in me. Vi auguro ogni bene». In questi dieci anni di volontariato in carcere ho ricevuto molto, da tante tantissime persone e anch’io mi sento di ringraziare: mi hanno dato tanto! (post del 31/01/2024)

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