Nelle grandi, e ancor più nelle piccole cose, la giustizia umana soffre della incapacità di essere davvero, come si vorrebbe, equa.
Certo, rispetto a tante situazioni del passato, quantomeno nei paesi a democrazia sostanziale è relativamente garantita una certa uguaglianza dinanzi alla legge come recita la scritta nei nostri tribunali. Questo non significa che sia davvero così. Diciamo che in questo campo sono stati fatti dei progressi e si sono raggiunti degli obiettivi impensabili in passato, ma le zone d’ombra e le iniquità sono ancora tante. Che talvolta nella amministrazione della giustizia, pur sempre affidata a uomini, prevalgano interessi di parte o che ci si occupi in modo improprio di determinati casi giudiziari da parte di soggetti politici e rappresentanti istituzionali a scopo propagandistico, è sotto gli occhi di tutti. Questo a livello nazionale, ma non avviene niente di diverso nemmeno a livello internazionale. In questi giorni tiene banco nel dibattito politico la richiesta di mandato di arresto da parte del procuratore capo, Karim Kan, della corte internazionale dell’Aia, nei confronti di tre capi di Hamas: Yahya Sinwar, Mohammed Al-Masri, Ismail Haniyeh e dei due leader d’Israele: Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant. È da sottolineare che la corte internazionale dell’Aia, purtroppo, non è riconosciuta da tutti gli stati, tra cui Stati Uniti, Russia, Cina e Israele. Ed ecco che si palesa subito l’ipocrisia di quanti della giustizia hanno una visione chiaramente di parte. Tutti pronti ad applaudire quando interviene a sanzionare, almeno in via di principio, personalità e leader di paesi considerati di volta in volta canaglie (basta ricordare la recente incriminazione di Putin), ma altrettanto solleciti a gridare allo scandalo quando la stessa sorte tocca agli amici. Nel caso della richiesta di arresto nei confronti dei due leader israeliani, come succede sempre ogni volta che si critica l’agire del governo di quel paese, ecco scattare l’accusa di antisemitismo, quasi che l’essere parte di un popolo, quello ebreo, che è stato duramente perseguitato nel corso della storia e oggetto di uno sterminio terrificante, la Shoah, rendesse impossibile per chiunque ne faccia parte, rendersi responsabile di crimini di guerra. È difficile immaginare il seguito della vicenda e sapere se le accuse mosse potranno mai essere provate e sanzionate, quello che è certo, perché è stato ampiamente documentato, è che in quel contesto brutalità violenze, persecuzioni, uccisioni, torture, maltrattamenti, distruzioni sono state compiute da entrambe le parti e che anche se un verdetto di condanna, pur importante, doveroso e necessario, da parte di un tribunale internazionale, dovesse giungere a stabilire precise responsabilità con condanne nei confronti dei responsabili, da solo non basterebbe a rendere giustizia alle migliaia di vittime innocenti.