A urne ormai chiuse, il dato indiscusso è quello dell'affluenza alle urne in questa tornata di referendum. In un crescendo di disaffezione a ogni tornata elettorale, era da mettere nel conto che anche in questa occasione la maggioranza sarebbe stata quella degli astenuti, di quanti non si sarebbero recati a votare.
Ora, se era nell'ordine delle cose che sui temi oggetto di referendum ci potessero, legittimamente, essere valutazioni differenti e, conseguentemente, espressioni di voto diverse, amareggia profondamente dover constatare come, per l'ennesima volta, la maggioranza degli aventi diritto abbia rinunciato a esprimere tale diritto, per di più su questioni e attraverso uno strumento, quale il referendum, con il quale era possibile decidere in proprio, secondo coscienza, ciò che si riteneva più giusto e utile fare. La lagna così largamente presente tra i cittadini, riassunta nello slogan "tanto non cambia niente", in questa circostanza non era in nessun modo sostenibile, perché offriva l'opportunità di decidere senza mediazione di partito e/o di eletti in merito a tutta una serie di questioni che, comunque le si giudichi, hanno una ricaduta ben precisa sulle nostre vite. Decidere di non decidere, come hanno fatto in tanti, significa chiamarsi fuori e lasciare l'iniziativa a coloro che, con così maliziosa superficialità, si suole definire la casta alla quale si imputa ogni male possibile. Altri, più titolati di me, sapranno analizzare e descrivere le ragioni vere o pretestuose che stanno alla base dell'astensione e della disaffezione rispetto alla partecipazione alla politica, intesa nel senso di vita della polis, cosa che ci dovrebbe riguardare tutti se abbiamo a cuore il nostro vivere assieme. Ma forse è proprio questo che è venuto meno: il sentirci parte di una comunità di destino, racchiusi nell'illusione di poter bastare a noi stessi, ciascuno individualmente o, al massimo, al proprio ristretto gruppo di appartenenza. A me pare di poter qualificare quanti hanno ritenuto di non dover partecipare al voto come indifferenti, persone cioè che mantengono o ostentano la mancanza assoluta di partecipazione o di interesse per la cosa pubblica, in questo caso. Dei disinteressati, indifferenti, forse persino insensibili verso problemi che toccano magari altri, ma che pensano non li riguardino. Mi torna alla mente il rimprovero dell'angelo alla Chiesa di Laodicèa in Apocalisse 3,15-16. Mi pare si adatti bene a descrivere costoro: "Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca." Se il nostro Paese proseguirà sulla strada di una sempre maggiore connotazione autoritaria, dove a decidere le sorti di tutti saranno i pochi sui molti, i privilegiati sui senza diritti, i forti sui deboli, ebbene una buona parte di responsabilità sarà anche di chi ha preferito la gita fuori porta al faticoso e responsabile impegno, sebbene minimo, di partecipazione espressa con il voto di oggi e di ieri.
Grazie per aver letto questo articolo.