Perché le notizie dall’estero – è triste doverlo ammettere, ma è così e non da oggi – abbiano una qualche rilevanza sui nostri media, devono avere come cifra che le connoti, almeno qualche decina di morti ammazzati. Quanto succede di questi tempi in casa nostra è certamente degno di attenzione, però questo non dovrebbe esimerci dal saper gettare oltre la nostra siepe di casa il nostro sguardo.
La sponda sud del Mediterraneo è percorsa da fremiti certamente rivoluzionari, se al termine vogliamo assegnare il significato di processo storico per determinare il mutamento di un assetto sociale o politico.
Un sommovimento che ha trovato impreparati tutti quanti e che non è dato sapere quali sbocchi politici e sociali produrrà. È qualcosa però da guardare con estrema attenzione e simpatia, perché, a quanto è dato sapere, nasce davvero dalla società civile, con protagonisti soprattutto i giovani e, per quanto fin qui è possibile osservare, aperto a prospettive di realizzazione democratiche. Se il mondo occidentale non saprà porsi accanto ai protagonisti del cambiamento in atto, supportandoli e mostrandosi alleati leali e non strumentali, rispettandone l’autonomia di azione, rischierebbe ancora una volta di inimicarsi per il prossimo futuro una popolazione già fortemente soggetta a possibili manipolazioni e strumentalizzazioni da derive fondamentaliste. Allora quello che serve è riconoscere la dignità degli attori in campo e confidare nella loro responsabilità, riconoscendoli partner di pari valore, rinunciando finalmente per una volta a guardarli con diffidenza e in maniera prevenuta.
Serve prendere sollecitamente le distanze dai regimi corrotti e liberticidi sui quali fino ad ora quelle società si sono rette, ammettere le proprie responsabilità e connivenze con gli stessi. Insomma cambiare davvero registro. Lo sapranno fare i nostri governanti? È l’auspicio di questo momento. Il riconoscimento della raggiunta maggiore età di quelle popolazioni, se il processo democratico si svilupperà in modo coerente, comporterà certamente dei costi per noi, perché significherà non poter più poter contare su benefici a noi derivanti in modo diretto o indiretto da un rapporto di subalternità, ma il prezzo sarebbe infinitamente superiore e probabilmente drammatico, qualora i processi in atto prendessero una deriva di stampo fondamentalista e contrapposta all’Occidente.
Dobbiamo guardare a Tunisi e al Cairo con speranza.