Quanti credevano bastasse essere anagraficamente giovani per essere diversi, migliori, è servito. Quanto è accaduto in questi ultimi giorni, è quanto di peggio potevamo aspettarci. Ormai pare non esserci più remora al peggio. Poi ci si lamenta del discredito accumulato dalla classe politica, della disaffezione degli elettori…
C’è solo da meravigliarsi che non monti una protesta generale che spazi via tutti quanti. Ma cosa si aspettano da noi cittadini quanti fanno strame ogni giorno anche della minima parvenza di onestà e rettitudine in campo politico? Non sanno far di meglio che offrirci ogni santo giorno uno spettacolo assai deprimente. La cosa che più fa arrabbiare è sentire come uno stantio ritornello che quanto fanno è per i bene del paese… Avessero almeno la decenza di affermare che lo fanno per il loro interesse; personale o di gruppo, poco importa, per quanto vomitevole, sarebbe un’asserzione perfino accettabile. Invece continuano con l’ipocrisia di sempre, senza alcun riguardo nei nostri confronti. Ci trattano come degli incapaci; dei bisognosi di essere guidati per mano. Sappiamo bene – la storia è lì a dimostrarlo – che in politica non esiste il “mai dire mai”. Dovremmo averlo imparato, però è un dato di fatto che abbiamo tutti quanti la memoria piuttosto corta. Tuttavia un minimo di decenza (ma esiste la decenza in politica?) dovrebbe quanto meno suggerire comportamenti un po’ meno disinvolti; minimamente coerenti e soprattutto non apertamente ingannevoli, falsi. Ci si lamenta dei giovani, definendoli superficiali, bamboccioni, schizzinosi, che non hanno voglia di lavorare… A dirlo son loro signori; loro che sguazzano nel benessere magari senza averlo meritato; comunque da un pulpito del quale dovrebbero soltanto vergognarsi. Oltre che arroganti, questi signori, si dimostrano degli emeriti imbecilli, nel senso letterale del termine, oppure fingono di non conoscere la realtà drammatica nella quale vivono migliaia di persone, diversamente agirebbero con più assennatezza e senza sputar troppe sentenze. Forse è eccessivo attendersi da una classe politica, qualunque sia, un agire improntato a onestà, verità, correttezza, senso del dovere, rispetto delle leggi, più di quanto lo facciano i comuni cittadini, anche se sarebbe auspicabile che quanti sono classe dirigente fossero di esempio. Basterebbe quanto meno che non ci fosse una così marcata differenza quale pare di cogliere tra chi è delegato a governare e quanti li hanno eletti. Insomma che ascoltassero davvero quanto ha da dire la gente a loro riguardo e ne facessero tesoro. In fondo basterebbe assai poco per essere davvero nuovi; basterebbe un po’ di buon senso: non credersi gli unici e i migliori, non pensare di bastare a se stessi, imparare a fare le cose assieme, essere di parola (quindi riflettere bene e a lungo prima di proferirne di avventate), saper chiedere scusa dicendo ho sbagliato, fare la vita dei più rinunciando a privilegi di casta, imparare a dire la verità anche quando è contro producente. Lo so, non son consigli appetibili per chi fa politica perché, come usano dire, non è cosa per anime belle. Forse sarà anche per questo che è tanto difficile contraddire quanti affermano che la politica è una cosa sporca. Non è sporca in se stessa, come tante altre cose. Siamo noi che la sporchiamo con il nostro agire improntato non già al servizio, ma alla ricerca del potere. E il potere è sempre diabolico perché è fattore di divisione; pone gli uni sopra gli altri, crea contrapposizione e legami oppressivi. Altra cosa è esercitare un’autorità che è sempre delegata, quindi può essere tolta in qualsiasi momento e che si esprime nel servizio, vale a dire nel far dono agli altri, mettere al loro servizio, capacità, attitudini, qualità, conoscenze per la crescita umana e il benessere di tutti. Il bene può essere trasmesso soltanto da chi sta bene con se stesso e probabilmente non sono poi molti i politici che stanno bene con se stessi, pertanto non c’è da meravigliarsi se trasmettono, comunicano agli altri, a tutti noi, il loro malessere, le loro tensioni, le loro frustrazioni, scambiandole per bene comune.