Abbiamo tutti bisogno di cambiare condotta se vogliamo che tronfi la vita. Pensare che debbano essere solo gli altri a doverlo fare, è non riconoscere che gli ingredienti che suscitano ostilità risiedono in ciascuno di noi.
Sono i nostri cuori che dobbiamo imparare a disarmare innanzitutto, se vogliamo essere costruttori di pace e non semplici ripetitori di parole d’ordine inneggianti la pace. Dobbiamo imparare a saper vedere e accogliere il dolore e lo strazio di tutte le persone coinvolte nel conflitto in corso in Ucraina; medicare le ferite di tutti e ristabilire rapporti fraterni infranti dalla cupidigia di pochi e dalla smania di potere di chi la guerra la fa fare agli altri. Per quanto difficile e per certi versi paradossale è da seminare già oggi, già da sotto le bombe, i semi che potranno far rifiorire la pace. Nella giustizia, certo, ma non si può attendere che termini la guerra perché le lacrime, lo strazio ed il dolore per i morti e i feriti dell’una e dell’altra parte trovino in noi, che non siamo direttamente coinvolti, ospitalità e mitigazione. Questa guerra, come le tante altre, silenzia brutalmente la voce di bambini e giovani innocenti. Che hanno da spartire con il dittatore Putin, con il suo cerchio magico ed i gaudenti ingrassati alla sua ombra, i poveri coscritti strappati alle famiglie di quella Russia povera ma dignitosa buttati allo sbaraglio contro un popolo fratello che non ha fatto loro niente? Potessero sapere, potessero reagire e ribellarsi, ma sono tenuti schiavi ed ignoranti. Le loro grida di dolore e le paure che li attanagliano sul campo sono per tanti versi le stesse di quanti da quest’altra parte avrebbero voluto soltanto godere di libertà e dei sogni che tutta la gioventù si porta dentro a vent’anni. È questa mattanza di giovani che mi induce orrore ed il futuro che hanno precluso dopo che è stato loro frantumato l’oggi. E dello sguardo smarrito dei bambini che dire? Come è possibile coscientemente recare loro dolore? E i vecchi che meriterebbero soltanto giorni sereni e il nostro grazie per quanto ci hanno dato con vite spese fino a consumarsi perché figli e nipoti potessero godere di giorni migliori? Quanto siamo stolti noi uomini e quanto tardi a capire che c’è un solo modo di stare al mondo: volerci bene. Sarà anche difficile talvolta, ma non è forse più faticoso combattere che fare l’amore? Intanto ingrassano i produttori e venditori di armi. Per non farsi mancare un posto a tavolo di questo sporco commercio anche il nostro Paese non ha esitato a cestinare leggi e Costituzione con voto quasi unanime di un Parlamento che ha smarrito il senso più vero e autentico del vivere civile. Sono tanti i corifei, i banditori che inneggiano al sacro dovere di “armatevi e partite”. Le poche chance che abbiamo di non soccombere alla montagna di menzogne che piovono quanto i proiettili e le bombe in questi giorni, risiede certo nella condanna senza reticenza dell’invasione, ma anche di tutte le narrazioni interessate e specularmente complici di chi ha commerciato fino a ieri col dittatore fingendo di non vedere quanto faceva in casa sua e in altri contesti dove ancora si muore. È una catena umana immensa quella che siamo chiamati a fare, fatta di chi la guerra la odia e non la vuole fare, che vada da Cabo da Roca alla penisola della Kamčatka.