I padri costituenti avrebbero potuto scegliere verbi ed espressioni diverse per sancire in Costituzione la volontà di non ricorrere alla guerra come strumento di risoluzione di controversie internazionali, invece scelsero il termine ripudia non a caso,
proprio a voler sottolineare che la nuova Italia voleva respingere con decisione, non riconoscere come proprio, lo strumento della guerra per risolvere contenziosi e controversie tra stati. Quindi un impegno implicito ad operare con mezzi diversi, pacifici, alternativi a quelli del passato. È importante che sia stato posto alla base della nostra Costituzione questo principio, anche se purtroppo dobbiamo amaramente confessare che sovente è rimasto soltanto un principio, una volontà scritta sulla carta ma non inverata in scelte e decisioni coerenti. Può darsi, per fare un esempio tra i tanti, che nell’immediato secondo dopo guerra fosse giustificabile l’adesione al patto atlantico del nostro Paese, considerata la divisione in due blocchi contrapposti del mondo uscito dal secondo conflitto mondiale. Più arduo e difficilmente giustificabili, alla luce dell’articolo in questione, tante scelte fatte in seguito e in tempi a noi più vicini che ci hanno visti partecipi di guerre mascherate da interventi umanitari e succubi di interessi inconfessabili che niente hanno a che vedere con la pace e la giustizia. Anche la presenza di armi nucleari sul nostro territorio nazionale e la dichiarata volontà di accrescere le spese militari sono uno sfregio alla nostra Costituzione, oltre che un pericolosissimo regresso verso visioni e idealità che credevamo appartenenti al passato peggiore. Sappiamo bene che la storia non procede per stadi continui e progressivi e che anzi tante volte subentrano involuzioni e regressioni, ma tutto avviene per volontà di noi uomini. Per poter essere attualizzato quanto scritto in Costituzione avremmo avuto bisogno di un impegno collettivo, a partire dalla scuola, volto a formare coscienze improntate al rifiuto della guerra e impegni concreti a favore della pace, della nonviolenza, sostanziate poi in impegni concreti e in scelte politiche conseguenti, quali ad esempio l’impegno a farsi promotori di un graduale e costante disarmo multilaterale, il rifiuto senza se e senza ma di armi atomiche, batteriologiche e chimiche, l’istituzione di corpi volontari di pace, la promozione e il riconoscimento in tutti gli stati dell’obiezione di coscienza alle armi, l’istituzione a livello nazionale di capaci e preparati ambasciatori di pace in grado di offrire i propri servigi in situazioni di conflitto nel mondo. Insomma per rendere vero e perseguibile l’impegno al ripudio della guerra si sarebbe dovuto operare in modo molto diverso da come fatto fino ad ora. È ora il momento di cambiare; per fedeltà a quanto scritto in Costituzione, per fedeltà all’umanità di cui facciamo parte e, non ultimo, perché è l’unica cosa ragionevole che ci rimane da fare, pena la drammaticamente possibile distruzione della intera umanità in un’epoca, come la nostra, nella quel basta e avanza la pazzia di una sola o poche persone per far saltare l’intera santabarbara presente sulla madre terra. Certo il coraggio se uno non lo ha non se lo può dare, affermava don Abbondio, ma è altrettanto vero quanto sosteneva il giudice Falcone, che cioè avere coraggio non significa non avere paura, ma saperla superare per fedeltà al proprio dovere. Il dovere che abbiamo noi oggi è quello di lasciare un mondo più bello, migliore ai nostri figli, nipoti, pronipoti e quanti verranno in futuro. Battersi per un mondo senza armi e senza guerre è il vero coraggio richiesto oggi. Chi si intestardisce a perseguire i metodi di sempre, quelli della violenza e della guerra crede e pensa di essere più coraggioso, ma è vero l’opposto. Tenuto conto, come sappiamo bene, che le guerre le promuovono e le dichiarano quanti poi non le combattono, quanti le combattono, che ne siano consapevoli o meno sono schiavi di questi. Emanciparsi dalla dittatura dei guerrafondai può comportare perfino la morte, ma garantisce la vera libertà. Buona festa della repubblica italiana; quelle che però ripudia la guerra.