Sì, diciamocelo con franchezza, quanti si battono contro la guerra, definiti semplicisticamente pacifisti, da coloro che al contrario ritengono ineluttabile il ricorso alla forza come unica arma per risolvere i contenziosi tra stati, sono considerati degli ingenui nel significato di immaturi,
sprovveduti, sciocchi. Insomma degli eterni bambini che non sanno o non vogliono fare i conti con la realtà brutta della vita che, si afferma, non è come la vorremmo, ma si dipana secondo coordinate diverse. E certo che la vita non è come sovente si vorrebbe, ma molto dipende da noi, o per meglio dire, dai decisori politici, istituzionali, economici finanziari. Da chi comanda ed ha in mano le leve del potere. Chi comanda non agisce mai mosso dal desiderio di servire le popolazioni delle quali si definiscono ministri, che nel significato etimologico più nobile del termine starebbe per inserviente che si adopera per lo sviluppo della pace, della giustizia, della cultura. No, loro sono mossi dall’interesse e dalla convenienza. Per l’interesse e la convenienza sono disposti a tutto, anche a tradire quei principi così solennemente sanciti, ad esempio nello Statuto ONU, ai quali tuttavia non cessano di richiamarsi anche quando, per l’appunto, ne stravolgono senso e significato. Nel caso emblematico della guerra in Ucraina, ad esempio, è fuori discussione che la Russia ha palesemente contravvenuto a quello Statuto, muovendo guerra ad un Paese indipendente e sovrano, ma è la stessa identica cosa, per rimanere ai casi più recenti, che hanno fatto gli USA con Iraq e Afghanistan. Ed è quanto avviene ogni volta che uno stato ne aggredisce un altro o comunque muove guerra nei confronti di un popolo. Questo accade perché non si è mai voluto realmente far sì che quel consesso internazionale fosse dotato degli strumenti atti a prevenire i conflitti e le guerre, né si è inteso davvero operare al fine di far prevalere il diritto e la ragione al posto della forza e della violenza. Quando si accetta la logica della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti, che se ne sia coscienti o meno, ci si affida ad una razionalità che è altra rispetto a quella del confronto, della discussione, della trattativa, della mediazione. Torti e ragioni scompaiono dall’orizzonte e al loro posto subentra la volontà di imporre la propria verità, il proprio punto di vista e soprattutto il desiderio di umiliare l’avversario, trasformato in nemico da sconfiggere, costi quello che costi. Le alleanze che si costituiscono, a geometria variabile, secondo convenienza, trasformano i nemici di ieri in amici di oggi e viceversa e non fanno sottili distinzioni tra gli uni e gli altri così che governi e governanti impresentabili diventano nel breve giro di tempo governi e governanti del tutto rispettabili, magari paladini della democrazia anche se le carceri dei rispettivi paesi abbondano di detenuti politici, oppositori, come nel caso della Turchia, tanto per non fare nomi. Ed ecco che il cerchio si chiude magicamente. Per combattere un despota, quale è certamente Putin, non ci si fa scrupolo di annoverare tra le proprie fila personaggi che non figurerebbero poi così male accanto a lui. Chi contrasta la guerra e si batte per soluzioni pacifiche non è una persona cieca, incapace di vedere ciò che accade a quanti sono pesantemente e giornalmente oggetto di una violenza assassina o che non sa distinguere tra aggredito e aggressore, semplicemente continua a credere che lo strumento della guerra è uno strumento obsoleto che non ripara i torti, né prepara un futuro migliore per nessuno. Ingenui, dunque? Non direi: piuttosto portatori di speranza in un mondo lacerato da divisioni e violenza gratuita e ingiustificata. Magari non sortiranno nell’immediato cambiamenti importanti ma certamente indicano strade di futuro.