Hanno parlato e ancora parlano di nuova guerra fredda tra Est e Ovest, resuscitando termini e concetti di un’altra era ormai consegnata alla storia.
Il confronto/scontro tra Russia e Occidente (USA, Nato, UE) via Ucraina ha ben poco da spartire con quello del passato, o per meglio dire, se un qualche riferimento, legame esiste è perché si è voluto mantenerlo per ragioni di strategia geopolitica volte a impedire quei cambiamenti che avrebbero potuto scrivere una storia diversa e portare fuori dai vincoli, dalle storture e dagli scontri del Novecento. Ora ci troviamo su un crinale molto pericoloso e assai instabile; basta poco perché tutto precipiti aprendo un baratro capace di inghiottirci tutti. Quella in atto è una guerra calda, caldissima che rischia di far divampare un incendio come non è mi accaduto. Da una parte e dall’altra sono state stroncate migliaia di giovani vite sacrificate sull’altare delle contrapposte ragioni di stato e di nazione. È esercizio inutile cercare di quantificare le perdite perché le cifre che vengono fornite non sono verificabili e variano a seconda delle fonti. Ciascuna parte in conflitto ha interesse a gonfiare i numeri dei caduti nemici e tacere i propri. Forse è più veritiero il numero delle vittime civili fornito da agenzie internazionali. Comunque sia, ciò che è fuori discussione è che i morti sono tanti, gran parte giovani, tra i soldati, e tra le vittime civili ci sono centinaia di bambini. Se a questo aggiungiamo le immani distruzioni materiali e il fiume di risorse economiche riversate nella fornitura di armamenti, abbiamo la misura concreta della follia della guerra. Ciò che più di tutto sconcerta è l’osservare come mentre crescono da una parte e dall’altra i toni dello scontro, tutti gli altri leader del mondo paiono limitarsi a guardare anziché cercare di intervenire a raffreddare i bollori. Si è giunti a sdoganare anche l’uso delle armi nucleari, tattiche, si afferma, quasi a voler minimizzare il rischio del loro impiego, dimenticando di aggiungere che una sola di quelle provocherebbe quanto accaduto con quella sganciata su Hiroshima. È tempo che la Comunità internazionale costringa i contendenti a deporre le armi; stabilire una tregua che consenta, sotto l’egida dell’ONU, di avviare un tavolo negoziale nel quale discutere e approvare una nuova governance mondiale. O ci convertiamo all’idea che il mondo in cui viviamo è un organismo interconnesso nel quale ciò che fa male a uno fa male a tutti e viceversa ciò che fa bene a uno fa bene a tutti e ci comportiamo di conseguenza, diversamente l’unica pace possibile sarà quella dei cimiteri.