Non è vero che non abbiamo bisogno degli immigrati, se è vero che servono perfino ai sovranisti di casa nostra. Servono, infatti, per mantenere alta la tensione e avere qualcuno sui cui scaricare colpe vere o presunte e per rinfocolare pregiudizi di ogni sorta.
Ecco che allora, a questo fine, si rende necessario contrassegnarli con lo stigma definendoli, clandestini, irregolari, nullafacenti, attaccabrighe, devianti, delinquenti e definire il loro arrivo come invasione. Naturalmente per salvare la faccia e mostrare qualche tratto di umanità e ragionevolezza, si apprestano pure ad aggiungere che sono disposti ad accoglierne un certo numero purché giungano da noi in modo regolare. E mentono sapendo di mentire. Infatti sanno bene anche loro che è una via impercorribile frapposta di infiniti ostacoli burocratici, che il passaporto di cui godono, a differenza del nostro, vieta loro di arrivare con i mezzi che usiamo per spostarci noi, in altri Paesi: automobili, treni, aerei ecc. Perfino quanti nei loro paesi d’origine, Magreb e Senegal, per fare degli esempi, hanno partecipato a corsi di qualificazione professionale (come ha documentato bene la trasmissione TV Presa diretta) finanziati da Unione europea ed Italia proprio allo scopo di offrire loro vie legali di arrivo da noi, al termine del loro impegno scolastico non hanno trovato nessun datore di lavoro disposto ad assumerli per la semplice ragione che nessun imprenditore assume persone che non ha mai visto. È uno dei tanti modi per prendersi gioco spudoratamente di chi versa nel bisogno. Non avendo una visione di futuro, o se ne hanno una è molto angusta, i nostri governanti e anche quelli Europei, preferiscono il piccolo cabotaggio: cavalcare le paure per contendersi il consenso delle rispettive opinioni pubbliche in vista delle elezioni europee. Naturalmente con accentuazioni diverse, ma tutto sommato convergenti. La cosa che hanno in comune, è la mancanza di coraggio e il dire la verità, e cioè che il fenomeno migratorio ha caratteristiche epocali, che è impossibile fermarlo, che va governato con saggezza e lungimiranza, che è di difficile soluzione perché comporta interventi non solo a livello locale, ma anche internazionale, con una rinnovata governance in grado di appianare, se non eliminare le diseguaglianze e le ingiustizie, operare per riportare la pace nei paesi in guerra e operare per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici in atto. Insomma, detto in altre parole bisogna avere il coraggio di dire che tutto è in gioco e che se tutto è in gioco, anche noi dobbiamo cambiare, iniziando a considerare gli immigrati non numeri, ma persone, storie, volti, sguardi, far sì che la loro accoglienza non sia benevola elemosina, ma inclusione e promozione umana, superando, per cominciare la situazione attuale che mantiene nel limbo migliaia di ragazzi e bambini ai quali è negata la cittadinanza facendo degli esclusi o cittadini di serie C. Ripristinare l’accoglienza diffusa su tutto il territorio nazionale con percorsi di formazione, apprendimento della lingua italiana, leggi, usi e costumi e avviamento al lavoro in modo che possano dare il loro contributo allo sviluppo del nostro Paese, così che lo sentano una loro seconda patria (matria) anziché tiranno e nemico. Perché questo accada è necessario in primo luogo sconfiggere l’differenza perché, come affermava Albert Einsten, “Il mondo (l’Italia l’Europa in questo caso) è un posto pericoloso, non a causa di quelli che compiono azioni malvagie ma per quelli che osservano senza fare nulla”