Con l’autunno alle porte siamo indotti a pensare alle foglie ingiallite che cadono dagli alberi e forse meno ai colori stupendi che ci dona questa stagione. Quanti s’intendono di floricoltura sanno che esiste un fiore invernale, ideale per balconi e giardini molto colorati, si tratta dei settembrini; così sono chiamati. Somigliano a margheritine e sono coloratissimi.
Spaziano dal giallo all’azzurro, il blu profondo e tutte le sfumature de viola. Non trovo immagine più bella per parlare di segni grandi di speranza che pure possiamo cogliere in questi giorni frenetici di fine estate. Mi riferisco alla probabile (speriamo!) via diplomatica di soluzione, o quantomeno tentativo di soluzione, della crisi siriana, con la proposta di mettere sotto controllo internazionale le armi chimiche possedute da quel paese. Una via certo non facile, ma possibile, per tentare di disinnescare la tensione salita alle stele ultimamente, facendo presagire scenari di guerra. La “svolta” impressa alla vicenda insegna che si può unire alla fermezza sui principi (così largamente disattesa anche da parte di quanti si fanno paladini del divieto di uso di armi chimiche) la via della diplomazia e della trattativa per conseguire dei risultati apprezzabili. Un secondo fiore spuntato in questi giorni, è il dialogo avviato tra il fondatore del giornale la Repubblica e papa Francesco, a cui è riservato ampio spazio oggi su quello stesso giornale. Mi piace il tono colloquiale che il Papa ha voluto dare al suo intervento, ma anche sui contenuti del suo scritto ci sarebbe molto da dire. Mi soffermo soltanto su due passaggi. Il primo, là dove papa Francesco, parlando dell’autorità che promana da Gesù, come sottolinea il Vangelo di Marco, afferma che si tratta di “un’autorità diversa da quella del mondo, un’autorità che non è finalizzata ad esercitare un potere sugli altri, ma a servirli, a dare loro libertà e pienezza di vita”. Il secondo passaggio che desidero sottolineare è quello nel quale afferma che “ognuno di noi è chiamato a far suo lo guardo e la scelta di amore di Gesù, a entrare nel suo modo di essere, di pensare, di agire. Questa è la fede…”conclude il Papa. E se c’è una persona, in questi stessi giorni è salita, purtroppo tragicamente, agli onori della cronaca, che certamente ha agito facendo suo lo sguardo e la scelta di amare di Gesù, questa è stata Eleonora Cantamessa, la dottoressa investita e uccisa da una macchina mentre si apprestava a prestar soccorso all’uomo steso sulla strada, Kamur Baldey, dopo una rissa tra immigrati indiani, nel Bergamasco. Sono taccanti le parole del padre intervistato al riguardo. Da tutto il suo dire emerge una figura di donna che ha sigillato con quella sua morte assurda a drammatica una vita spesa in un dono per gli altri. Il padre stesso, pur nel più che comprensibile e condivisibile dolore per la tragica morte della figlia, offre una testimonianza controcorrente di analizzare quanto accaduto, di grandissimo valore morale. Sono testimonianze, queste, che s’impongono a tutti; che non possono lasciare indifferenti, invitano a riflettere e interrogarsi su quali siano i veri valori del vivere anche oggi. Sono come i fiori settembrini; hanno colori che accarezzano il cuore; tonificano lo spirito, fanno ancora sperare. E dunque grazie a Eleonora e a quanti, senza troppo rumore, vivono intensamente, con convinzione, il loro essere per gli altri, nella certezza, come afferma ancora il papà Silvano, che “quello che dai ritorna moltiplicato, in tempi che non puoi predeterminare”.