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15 gen 2020
LA POSTA IN GIOCO
Scritto da Piergiorgio |
Letto 2431 volte | Pubblicato in Il mio blog
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In questi giorni ha fatto scalpore la vera o presunta contrapposizione tra il papa attuale, Francesco, e il suo precedessero, Benedetto XVI, riguardo alla questione del celibato per i preti.

Come siano andate veramente le cose rispetto alla preventivata uscita del libro a firma del cardinale Sarah e di Ratzinger è difficile da conoscere, tra affermazioni e smentite, e forse non è neppure la questione principale. Certo rimane il sentore che l’uscita sui giornali del tema oggetto del libro in questione non sia stata del tutto fortuita e che sia avvenuta a mo’ di intervento a gamba tesa volto a creare difficoltà e contrapposizioni con quanto poteva accingersi a scrivere papa Francesco nella sua esortazione apostolica sulle conclusioni del Sinodo per l’Amazzonia celebrato in ottobre a Roma. Che dentro la Chiesa esistano sensibilità e pensieri diversi rispetto alla legge sul celibato obbligatorio dei preti (di una legge ecclesiastica si tratta, infatti, non di un dogma, è bene ribadirlo, e che non riguarda tutta la Chiesa) dovrebbe essere cosa risaputa. Ma non pare sia così, anche per molti credenti. La questione per altro è stata oggetto di discussione già in passato e personalmente sono convinto che prima o poi sarà affrontata e risolta senza drammi. Dovrebbe essere scontato per i credenti ritenere che tutti i carismi hanno pari dignità dentro la Chiesa, anche se persiste, magari non detto, che uno stato di vita sia superiore rispetto ad un altro. Ciò che a mio giudizio dovrebbe essere affrontato, in uno spirito di comunione, è lo stesso concetto di ministero. Sappiamo che tutti i ministeri nel corso della storia hanno avuto un loro sviluppo e  una loro precisazione e definizione sulla base di riflessioni di carattere teologico e pastorali. Chi ricercasse nei Vangeli istruzioni precise al riguardo rimarrebbe assai deluso. Personalmente Gesù non ha ordinato prete, né vescovo, né diacono nessuno. Anche la ribadita impossibilità di accesso al presbiterato delle donne non trova alcuna base scritturistica. Nemmeno la tesi che non fossero presenti durante l’ultima Cena, tutta da dimostrare, per altro, è una base da cui partire. Adriana Zarri a questo riguardo (regnante Wojtyla) una volta ebbe a dire: che non fossero presenti donne all’ultima cena è tutto da dimostrare, mentre è certo che non c’erano polacchi… Battute a parte è certo che l’obbligo del celibato per i preti si fece strada gradualmente, non senza difficoltà e che solo con il Concilio di Trento ebbe la sua definitiva conferma. Certamente una modifica della legge attuale non sarebbe la panacea di tutti i problemi. Io penso che si possa vivere serenamente e vitalmente sia da celibi che da sposati l’impegno pastorale presbiterale, così come sono altrettanto convinto che non lo si possa vivere altrettanto serenamente e vitalmente senza affettività. Nell’uno caso, come nell’altro, così come per gli sposati la maturità la si consegue per gradi e non senza difficoltà. Ritenere che basti una norma, una legge per garantire tutto questo, porta all’ipocrisia. È risaputo che ci sono stati e ci sono preti nel mondo che hanno relazioni più o meno stabili con donne e che hanno figli, pur continuando a svolgere il loro ministero, ma nascondendo il tutto e non certo all’insaputa dei loro superiori. Non sarebbe meglio che tutto avvenisse alla luce del sole? Abbiamo bisogno, come è stato per gli abusi sessuali, che si arrivi allo scandalo per affrontare tutto questo? Io credo che non sia nel volere del Signore che ha immaginato i suoi seguaci, anche se fallibili e peccatori, messaggeri di un lieto annuncio e capaci di dire sì e no senza proteggersi dietro muri nebulosi di incenso. Forse pochi, anche tra i cristiani, conoscono quanto l’autore della 1° lettera a Timoteo scrive riguardo ai candidati all’episcopato, o dei pastori della comunità, come è scritto nella versione interconfessionale della stessa lettera: «Questa parola è degna di fede: se uno aspira all'episcopato, desidera un nobile lavoro. 2 Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, 3 non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. 4 Sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi e rispettosi, 5 perché, se uno non sa guidare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? 6 Inoltre non sia un convertito da poco tempo, perché, accecato dall'orgoglio, non cada nella stessa condanna del diavolo. 7 È necessario che egli goda buona stima presso quelli che sono fuori della comunità, per non cadere in discredito e nelle insidie del demonio». Ritengo che questo scritto sia una buona base di partenza da cui partire per una riflessione sui ministeri nella Chiesa, piuttosto che da tradizioni, idee e convinzioni rispettabili, ma forse non più capaci di parlare alle persone di oggi. Cosa è più importante: un prete celibe o l’Eucarestia per la vita di una comunità cristiana? Non dimentichiamo che anche tante cose, che in passato sembravano immodificabili, sono poi state riviste alla luce di una migliore comprensione della Parola di Dio e delle mozioni dello Spirito che, come afferma il Vangelo di Giovanni, similmente al vento, soffia dove vuole: uno lo sente, ma non può dire da dove viene né dove va. Noi al giorno d’oggi sorridiamo di certe contese del passato o di determinate pratiche e imposizioni in auge un tempo. Non è detto che in futuro, quanti verranno dopo di noi, non sorridano di talune nostre  attuali fatiche e incapacità di aprirci al nuovo.

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