Sappiamo che la paura è una reazione del tutto naturale che tutti provano, in maniera più o meno intensa, di fronte ad una minaccia vera o presunta.
È un po’ come un segnale di allarme che scatta istintivamente dentro di noi per predisporci a reagire ed eventualmente lottare contro ciò che ci minaccia; quindi si tratta di una reazione istintiva primaria e positiva. Altra cosa è la paura patologica, l’ansia immotivata che paralizza impedendoci di vivere in modo sereno e qui lo spettro si fa davvero ampio, tanto che possiamo parlare di paure al plurale, tutte da indagare ma sostanzialmente riconducibili a risposte emotive esagerate, quando non addirittura immotivate. Ma c’è anche chi sulla paura e sulle paure della gente prospera, si arricchisce, costruisce il proprio consenso; in una parola ne usa per emergere e dominare. E quanti si lasciano dominare indotti dalla paura e dalla convinzione che chi la sa interpretare a suo vantaggio sia il rimedio atto ad attutirla o addirittura scacciarla, cosciente o meno che sia di questo, si auto schiavizza. È la forma peggiore di schiavitù perché comporta vivere nell’illusione di essere liberi… ma liberi di ubbidire senza fiatare. Invece vincere la paura, le paure è esercizio difficile, impegnativo e richiede il coraggio di guardarle per così dire in faccia; non fuggirle, né rimuoverle, ma comprendere da cosa sono indotte e lo sforzo di cercare possibili rimedi ben sapendo che con talune paure altro non si può fare se non conviverci, imparando perfino ad amarle. Potrò sembrare incredibile ma non è forse a partire dalla accettazione della nostra innata mortalità che possiamo giungere ad assumere l’idea che malattia e morte sono situazioni non evitabili all’infinito? Certo, tutti desideriamo non dover soffrire ed è giusto e doveroso curare la nostra salute anche con appropriati stili di vita, sapendo però che questo non toglierà del tutto la possibilità di ammalarci. Certo tutti desideriamo poter vivere bene e a lungo, ma prima o poi dovremo fare i conti con la fine della nostra vita biologica. Non c’è scampo. Ci sono invece ragioni per considerare quanto siano importanti altri aspetti del nostro vivere per i quali dovremmo nutrire maggiori timori mentre non ne mostriamo nessuno o pochi, tante volte. Mi riferisco a tutte le chiusure, gli egoismi, il perseguimento di obiettivi che non danno la felicità, ma tutt’al più un senso di sazietà che lascia poi, a conti fatti, più affamati di senso che mai. Se ponessimo altrettanta attenzione al vivere bene, inteso come un vivere fondato sull’onestà, la responsabilità verso il bene degli altri, la fraternità con cose e persone, la giustizia, il bene comune, la ricerca del vero e del bello, con tutta probabilità avremmo meno ragioni per essere ansiosi e timorosi verso i giorni avvenire e impareremmo a saper affrontare anche i momenti difficili della vita sapendo di poter contare sulla vicinanza, l’affetto di chi ci sta vicino e di chi ha ricevuto del bene da parte nostra. Perché se è vero che il male si diffonde per cerchi concentrici, credo che a maggior ragione succeda con il bene. Tutto sta nel credere che il bene è più vantaggioso e produttivo del male, anche se talvolta parrebbe il contrario. È una questione di scelte, di crederci o meno e di volercisi impegnare. Amare gli altri può riservare amare sorprese, ma odiare comporta certamente un peggioramento delle condizioni di vita proprie e altrui e in definitiva ad accrescere la paura di vivere. Ne vale la pena?