Con il nome di sciacalli sono identificate alcune (chi dice quattro, chi cinque) specie di canidi simili ai lupi, onnivori, che si cibano di piccole prede o di carogne, avanzi di altri predatori. In maniera figurata sono indicati come sciacalli le persone che in occasione di catastrofi o eventi bellici deruba cadaveri o persone indifese: approfittatori, insomma.
E pensare che nell’antico Egitto lo sciacallo era considerato animale sacro ed era stato divinizzato con il nome di Anubi. Oggigiorno gli sciacalli sono tornati prepotentemente alla ribalta in concomitanza con la diffusione dell’epidemia di Coronavirus che tanto allarma l’opinione pubblica. Nutrire ragionevoli apprensioni per questa nuova situazione è del tutto normale; speculare sula paura della gente paventando l’arrivo di una pandemia come stanno facendo certuni è da criminali. Saggezza vorrebbe che quanti hanno responsabilità pubbliche, politici, medici, giornalisti ecc. in tale circostanza si limitassero a fornire le giuste e dovute informazioni, a porre in atto tuto quanto necessario a impedire il diffondersi della malattia, ma anche a rassicurare che non ci troviamo dinanzi a qualche cosa di apocalittico, tanto da indurre a comportamenti inconsulti e irrazionali, invece accade il contrario. Abbiamo giornalisti che definirli tali è offesa per tutta la categoria, preti che straparlano di castighi divini, politici che non perdono occasione per fare ciò che dovrebbero: tacere e poi un’infinità di persone che rincorrono e rilanciano le tesi più stravaganti e assurde tali da oscurare la fake news circolata all’epoca del rinascimento su una predizione e paura generalizzata, storicamente infondata, fine del mondo avvenuta nell’anno mille. Controbattere a tutto ciò pare tante volte lavoro improbo, eppure si deve continuare a farlo e soprattutto si deve, a mio parere, continuare a vivere pienamente e gioiosamente preoccupandosi di attenersi a quanto chi di competenza suggerisce fare, lasciando che i morti seppelliscono i loro morti, ovvero che gli sciacalli razzolino nel loro putrido brodo ben sapendo che altro non sanno fare e, passata questa vera o presunta emergenza, ne troveranno altre sulle quali gettarsi avidamente continuando quanto loro riesce meglio: sguazzare nei loro stessi escrementi. Forse non è male neppure ricordare e ricordarci che siamo pur sempre mortali e che per quanti sforzi facciamo alla morte nessuno di noi potrò prima o poi sfuggire ma che questo, o forse proprio per questo, nonostante tutto vale la pena impegnarsi fattivamente per porre gesti autentici di amore verso gli altri anche a costo, se necessario, della nostra stessa incolumità personale. Se c’è una cosa che dovremmo aver imparato da passate pandemie, e oggi non stiamo parlando di pandemia, quanti avendo i mezzi per sfuggirle non sempre ci riuscivano, mentre altri che ci passarono in mezzo, ne furono colpiti ma continuarono a occuparsi del bene e della salute di chi era ammalato, ne uscirono vincitori. A quanti sono in primo linea nella difesa della salute dei cittadini, con abnegazione e competenza, ad maiora semper!