Complice forse la stagione estiva, le ferie e forse tra altre, la più grave, la mancanza di una visione di Paese degna di questo nome,
fino al momento presente la campagna elettorale si manifesta soprattutto attraverso slogan, parole d’ordine e non di rado insulti più o meno espliciti tra i vari contendenti. Niente di nuovo che non si sia già visto anche talvolta in passato, ma oggi sentirsi riproporre la stessa minestra è davvero stucchevole. Nessuno o quasi che dica, ad esempio, dove e come intende reperire le risorse economiche necessarie a finanziare i capitoli di spesa di ciò che promettono: dalle pensioni, ai salari, ai servizi, alle tasse, agli investimenti per la scuola, la conversione ecologica e via elencando. Ma si sa, in campagna elettorale si può promettere di tutto e di più, tanto che costa? L’importante è far colpo sull’elettore medio che, c’è da immaginare, più di tanto non è aduso a sottigliezze e si accontenta, perché non sa, non vuole o non può capire, di quanto passa il convento: ossia aria fritta. Per certi aspetti, seguendo quanto riporta la stampa (dibattiti in TV ancora non ne ho seguiti), pare di assistere a una sorta di “Grande Fratello” e si sa che di Grande Fratello molti tra gli italiani sanno molto più che non di storia, ad esempio, per non parlare di economia oppure di Costituzione. Ma così pare vada il mondo; di che meravigliarsi se poi ci ritroveremo, certo complice e colpa di una legge elettorale stupida e di una riforma di camera e senato, definita solo nei numeri, ad essere rappresentati da persone, magari qualcuna pure degnissima, ma paracadutate dall’alto e scelte dalle segreterie dei partiti?
In tutto questo c’è stato chi in questi giorni ha avanzato la tesi che, a prescindere dal soggetto, il fatto che possa essere una donna la prossima persona a rivestire il ruolo di capo del governo dovrebbe comunque essere considerata cosa apprezzabile perché romperebbe per la prima volta nel nostro Paese quello che a tutti gli effetti si potrebbe considerare un tabù, o comunque un tacito non detto. Ma anche no, per la miseria! Io vorrei tanto fosse una donna a ricoprire ruoli importanti e apicali, ma non semplicemente una femmina. E per donna intendo una persona di sesso femminile certo, ma proprio perché tale, con delle caratteristiche migliori di tanti suoi pari maschi, diversamente tanto vale tenersi ciò che abbiamo. Insomma io non vorrei per niente una Margaret Thatcher (voglio essere benevolo), per dire. Semmai una Sanna Marin o qualcosa di analogo.
Per essere politicamente corretti, lo sappiamo, parlando di guerra in corso in Ucraina bisogna sempre premettere che c’è un aggressore e un aggredito, che Putin è l’incarnazione del male e che si sta dalla parte dele vittime, gli ucraini, quasi che ci fosse bisogno di ribadirlo in continuazione, da parte di chi è contro la guerra e la violenza. Allo stesso tempo mentre si condanna, giustamente, senza appello, un tipo come il patriarca Kirill per il suo sfacciato appoggio alla guerra di Putin, dall’altra, accodandosi a quanto dichiarato dall’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, si censura papa Francesco per aver semplicemente espresso rammarico e dolore per la morte della figlia di Alexsandr Dugin, Darya. Ma di grazia, cosa avrebbe dovuto fare il Papa? Rallegrarsi della morte di una ragazza trentenne? Ma non era una ragazza qualunque e quello che faceva era condannabile. E dunque si dovrebbe esultare? Questa sarebbe una logica omicida.
Si può condividere o meno la posizione di papa Francesco sulla guerra in corso. Difficile affermare che si sia schierato dalla parte dell’uno o dell’altro dei contendenti oppure che non abbia condannato con forza l’aggressore e speso parole, e non solo, in soccorso delle vittime della guerra. Affermare e ribadire che la guerra è una follia e che l’unica soluzione è perseguire la pace con molta più determinazione di quanto si faccia con i combattimenti e la produzione e vendita di armamenti credo sia la cosa più evangelica che possa fare un papa e spero vivamente che lo faccia ancora Franceso e anche chi verrà dopo di lui.