
Piergiorgio
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Ricevi le notifiche via email quando un nuovo intervento viene aggiunto in questo blog.Ciorlaga (al mio paese natale) K2_UNPUBLISHED
Sdraiata
supina,
quasi monello
stanco
del gioco,
hai i piedi
infilati
nell’acqua
del lago.
Ti circonda gioioso,
con tenero
abbraccio,
il Monte
alle spalle.
Nelle case
palpita
con forza
il tuo
Cuore.
Monica K2_UNPUBLISHED
Somiglia per aspetto e portamento,
e qualche suo corrugamento,
a Dama pre rinascimento.
Quando cantavan nelle corti antiche,
i cavalieri dell’amor cortese,
alle lor dame un po’ rincretinite,
nascoste dietro torri e banderese.
Somiglia anche,
per stare sul moderno,
alla professoressa di latino,
che interrogava con cipiglio aspro,
ma nascondendo un certo turbamento.
Sorride da dietro l’ampia scrivania,
mentre ti parla affabile e sicura,
e ,come il ragno fa con la sua preda,
ti mostra, “ad hominem”, che ha ragione lei:
che il sole scende per levante e non ponente,
a salvaguardia del suo di committente.
E poi ti chiede, con intenerimento,
che cosa sia quel tuo rivolgimento.
Per consolarti, e darti tregua, un sol momento,
si finge vinta, ma approfondisce ulteriormente l’argomento.
Per dare un nome ai turbamenti suoi,
cerca di leggere nei sentimenti altrui.
Immaginando qualche affanno,
dovuto al tempo o ad altri guai,
metafora per gli altri e anche per lei.
Sintonizzarsi con chi ci sta di fronte,
è cosa ardua, quasi una catarsi,
e in questo, lei, non è una principiante.
Io credo con certezza,
e me lo dice degli occhi suoi la compitezza,
tracciare con rigo rosso, sul diario,
la soluzione di un caso disperato,
gesto furtivo e fatto con destrezza,
sia per la Monica, la meglio contentezza.
Autoritratto K2_UNPUBLISHED
Due gocce di cielo
perse dentro un cespuglio
di peli irridenti.
Sorriso sornione
alle volte:
più spesso
sembianze seriose
o che paiono tali.
So esploder di gioia,
talvolta
o piangere anche,
ma questo in tono
minore.
Sono timido
in fondo,
anche se appaio
sicuro.
Dentro me
si agita
un bimbo.
Madonna Laetitia K2_UNPUBLISHED
Di gioia intima
e serena,
pare fattrice,
e non v’è occhio
che non veda,
quanto si addica a lei
il nome che la
segna.
Incede con passo
altero e signorile,
celando
sembianze
da bambina,
dietro quell’aria
un po’ dottoreggiante,
che non la fa diversa,
ma invece più vicina,
a chi soccorre,
non solo per dovere,
ma per un intimo
convincimento
che la muove.
Verrebbe a voglia,
talvolta,
io ne sono certo,
di pizzicarla
su quelle rosee gote,
per misurare
quanto sia per vera
e certa,
e non di celluloide
quale pare
a volte.
Io K2_UNPUBLISHED
Duro,
qualche volta,
come crosta
di lava
rappresa,
sopra
antiche ferite.
Spigoloso,
come felce
tagliente
son io.
È difficile certo
l’amarmi,
ma è di ciò
che ho bisogno.
A don Dante K2_UNPUBLISHED
Tutto somiglia, nel ricordo,
a quel che capita,
quando ci si innamora.
Non so se fosse scritto in cielo,
oppure altrove,
tra stelle perse
nell’ampio firmamento.
Tu, come il mare che non ha limiti,
se non sull’altra sponda,
ed io che somigliava,
a un semplice ginepro di montagna;
con poche bacche
e tante spine al vento.
Quel che cercavo,
mi stava ora di fronte:
in quel rifugio di fortuna,
nella tua barba da profeta antico,
nel tuo sorriso buono e scanzonato,
nell’ampia cerchia di fratelli,
che rosicchiavano alla vita
l’avventura.
Fu intesa subito,
ad abbracciare il sogno
che era pur grande,
e mai del tutto detto;
solo intuito.
A tratti praticato con sgomento,
e tanta gioia semplice nel cuore,
e anche inconsapevole cimento.
Il camminare tuo, ora, è più lento.
La vita ti ha provato in ogni cosa.
A tratti, somigli un poco agli alberi
squassati da tormenta,
inerpicati su per alta roccia,
che paiono sfidare ancora il tempo.
E come quegli alberi forse ti cruccia,
nell’intimo del cuore, ugual tormento:
sentirsi ancora utili a qualcosa.
E questa è solitudine davvero,
affatto sterile, anche se dura.
Purché coltivi la memoria del futuro,
la vita spargerà in abbondanza,
i frutti seminati con fatica,
in questo autunno
che è per te la vita.
Io ti conosco poco, al par di ogni uomo:
ti ho visto piangere, gioir davvero,
ed arrabbiarti anche, perché sei vero.
Conosco di te una cosa certa:
la generosità che si fa dono.
E un limite, che ti fa fragile,
nel tuo apparire senza bisogno,
mentre dissimuli,
sotto una dura scorza,
una domanda antica come l’uomo:
l’esser amato per davvero
da qualcuno.
Profeti (in ricordo di Turoldo, don Tonino, Balducci) K2_UNPUBLISHED
Son partiti
i giganti,
come piante abbattute
dal tempo,
squassate da mille
tormente.
Profeti di un cammino
che viene,
ci lasciano,
come soffio di vita,
le lor gesta
le loro parole,
a indicarci un percorso
che sia fatto
per l’Uomo.
Preteoperaio (30 maggio 04 in morte di don Valentino Loner) K2_UNPUBLISHED
Non so se fossi prete
o più operaio.
Io ti ricordo nel più
composito
preteoperaio.
Ed eri semplice
e saporito come il pane
E ti spezzavi,
come quello,
un po’ per tutti,
senza far grandi
distinzioni,
così come sa fare
ogni pastore,
che al gregge
non faccia da
padrone.
Nel sonno,
senza rumore alcuno
hai salutato,
e sei partito per il Regno
tutto solo.
Di là ci attenderai,
ne sono certo,
col tuo sorriso buono
come facevi qui
già con ciascuno.
Festa dei Popoli K2_UNPUBLISHED
Colori vivaci
composite
lingue
culture diverse
e mille colori,
sotto un unico cielo
che è un canto
di luce
Prorompe
di gioia
il mio cuore.
A mio padre K2_UNPUBLISHED
Il passo era
stanco,
l’animo lieto,
nel vederci
bambini
correrti incontro.
Eri uomo davvero
speciale.
Rotto ad ogni
fatica,
le mani callose,
il cuore aperto
per tutti.
A tavola sedevi,
da re,
su un umile
sedia,
ed eri per tutti
un conforto.
Crescendo,
pensai: non è vero!
Avevo bisogno
di spazio,
di un’arena
più grande
in cui misurarmi.
L’ho fatto e rifatto:
ora ho perso,
ora ho vinto;
son cresciuto
più uomo.
Tu,
intanto,
hai lasciato;
sei partito per l’ultimo
approdo.
Come al bar,
la domenica,
ti ha tradito l’ultima mano,
nel gioco alle carte
che è la vita.
Quando a sera
talvolta da solo,
mi abbandono
al ricordo,
e furtiva
giocosa
una lacrima mi appare
sul viso,
le tue mani callose,
mi stringono ancora
a ristoro.