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Piergiorgio

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Semplicemente uomo K2_UNPUBLISHED

Sono

uomo pauroso

piccolo

vile.

Eppure io non dispero,

perché mi sento amato,

da te, Signore,

per ciò che sono.

Ferito,

mi raccogli.

I graffi miei, tu li conosci:

i passi incerti,

i tentativi,

le mille cadute.

E se coerenza o eroismo,

io cerco,

tu non ne vedi…

Mi vedi con il vestito

fatto da te;

quello più bello:

mi vedi nudo.

Mentre tramonta il giorno,

avanzi felice;

fra i pruni mi hai trovato,

mi issi in spalla,

no, non perdermi più.

Terra riarsa,

dimenticata,

come il sudore antico

che ti rese fertile,

nella pochezza del raccolto.

Zolle rinsecchite,

trascurate,

e qualche sperduto fiore

che annuncia primavera.

Io,

piccolo grumo di niente,

solitario,

a calpestar sentieri cancellati

persino nel ricordo

Silenzio,

pieno di voci amiche,

che si rincorrono in pensieri,

nitidi come l’alba.

Giorni pieni di vita,

di povertà vissuta

con dignità.

Vita chiassosa a volte;

tal altra,

più sonnacchiosa,

come i meriggi infiniti

dell’estate.

Ed io,

bambino taciturno

ed incantato,

di quel frusciar

di vita…

La Pace,

è questo silenzio palpabile…

È come carezza tenera;

presenza umana, qui,

del mio Dio.

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Mille presenze… il tuo volto K2_UNPUBLISHED

Luce,

caldo accogliente,

come carezza

che toglie il gelo di dosso

la sera.

Presenze vive,

affettuose,

che danno sicurezza.

Volti vicini,

eppur lontani,

ma nel ricordo vivi.

È dono partecipato

e ridonato ancora,

perché la vita si rinnovi,

ora.

Il tuo volto, Signore:

mille presenze.

Mille presenze:

il tuo volto, Signore.

Ed io bambino,

io cresciuto,

io finalmente libero.

E tu, mio Volto,

tu, mia Pace,

tu, mio Determinante,

che mai, mi sarà tolto.

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Solitudine K2_UNPUBLISHED

Compagna fedele di giorni

passati,

sei tornata!

Nel silenzio

mi avvolge il tuo abbraccio…,

ora sei la signora

di casa.

Siedi accanto,

ma sei muta.

Il tuo volto è invecchiato;

eppure non è brutto,

come nei giorni passati,

quando,

tra la nebbia del pianto,

ti gridavo: non voglio!

Tu mi hai tolto gli affetti.

Li hai rubati per sempre?

Nel silenzio ripenso…;

piango un pianto sommesso.

All’Amore rivado,

a quello che ho sempre cercato:

desiderio

follia

ricerca  e tormento,

storia

speranza.

Ora mi guardi,

sorridi;

fai un cenno con gli occhi.

È  di Lui che sei ancella.

Lo capisco… qui dentro.

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Preghiera nuda K2_UNPUBLISHED

È vuota la casa

ove risuonano, ancora,

voci a me care.

È enorme

questo silenzio sospeso

come attesa senza respiro.

Ascolto

una risposta sperata,

ma è muto il telefono,

resta chiusa la porta

d’ingresso

Non voglio chiudere il cuore.

Veglierò nell’attesa

del giorno che viene

Tu, Signore,

dai speranza, se vuoi.

E donami sempre

e ancora di amare

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Marzo K2_UNPUBLISHED

La neve cedeva un po’ del suo manto

alla terra;

anche il ghiaccio,

ma solo qualche angolo spiccio

baciato dal sole:

quel tanto da farmi sognare.

 

Ascoltavo, rapito,

mormorio di ruscelli rabberciati,

che righiacciavano a sera,

tornando silenti,

ammutoliti dal freddo.

 

Sentinelle indolenti,

annunciavano, pigramente,

primavera.

 

E già correvo a perdifiato

sui prati.

 

I capelli arruffati dal vento,

negli occhi la luce del sole

tornatomi amico,

nel cuore la gioia

repressa già a lungo,

negli orecchi, gorgheggio d’uccelli

innamorati

 

La terra, ridestata alla vita,

ricominciava sanguigna;

veloce;

colorata;

impetuosa.

…E io tornavo, nuovamente, monello.

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Galupo K2_UNPUBLISHED

Il tuo incedere

solenne,

le penne al vento,

quelle della coda,

e dietro,

come ancelle,

le galline,

dicevano di te

più del tuo nome.

Eri temibile

per noi cuccioli

d’uomo

e facevamo a gara

nel distrarti,

scompaginando

ogni giorno

il tuo cammino,

giocando a sorte

quale strada

fare,

per non incrociarti

sul sentiero,

portandoti

il mangime

che t’era ghiotto

A volte ci riusciva

la scommessa;

tal altra eri tu

che ci puntavi,

ferendoci

nel corpo

con tenzone

Poi venne il dì

dell’ultimo contrasto;

finisti a terra,

il collo torto,

con le galline

a piangerti

per morto.

Or timorose

per la loro sorte

non più difese,

com’ era

da gran tempo,

da quell’azzardo

minaccioso

in firmamento.

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Rivo K2_UNPUBLISHED

Scorrevi,

lento e giocoso,

all’ombra degli ontani,

là, in mezzo al prato;

ed io,

sulle tue sponde a cavalcioni,

gigante mi sentivo,

e un poco mago.

Dell’acque tue mi dissetavo,

cogliendole con mani sporche,

insudiciate per il gioco.

E in questo modo,

l’amicizia nostra,

io cementavo.

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Malori K2_UNPUBLISHED

Ero come

un piccolo micio

che fatica a camminare

da solo;

che zampetta impacciato,

scivolando un po’ sghembo

Un piccolo, fragile,

gracile micio:

a cui mancava Qualcosa…

… per scorrazzare festoso,

alla scoperta del mondo.

Con poco mi schiantavo:

un rimprovero, una carezza

travisata;

un sussurro vigoroso.

E allora mi staccavo dal suolo…

planando sopra cieli di luce…

Nessuno mi poteva seguire;

neppure lo sgomento,

dipinto sul viso

dei miei genitori,

quando riprendevo colore.

Ma agli dei fui caro

per burla…

Forse volevano,

soltanto impaurire,

chi mi cresceva

con amore.

O forse,

ed è la cosa più vera,

il cibo spoglio di allora,

non bastava a nutrire

il fragile micio che ero.

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8 gennaio 1951 K2_UNPUBLISHED

Mi ha generato una terra

scarsa;

a tratti aspra,

rubata con fatica,

nel tempo,

alla montagna.

Era un giorno imbiancato;

un giorno di freddo,

con poco fuoco

a scaldarmi;

e mia madre.

Con mio padre salito

in montagna,

a far legna,

per avere di che attizzare

e donarci sollievo; tepore,

dentro quell’umile stanza,

che assieme alla cucina,

era il nostro castello.

I miei primi vagiti,

li attutì la neve,

che fuori,

lievitava come una pasta di pane…

Un pane grande,

che avvolgeva le case,

tutto attorno,

cantando per me,

ninna nanna.

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