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Ultima modifica Domenica 24 Aprile 2011 08:08
27 nov 2010
PANE E DIRITTI
Scritto da Piergiorgio |
Letto 4023 volte | Pubblicato in Il mio blog
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Ormai è diventata una consuetudine, ed è argomento che tiene banco, con più o meno spazio sui giornali, di questi tempi, la questione dell’emergenza freddo e dei ricoveri notturni per le persone senza dimora. Un esercito, in tutta Italia. Confesso che leggendo sull’argomento o anche venendo richiesto di un qualche intervento da parte di giornalisti, provo sentimenti contrapposti: di fastidio, di indignazione, rabbia e di impotenza.

Fastidio perché ho la sensazione che il tema abbia ormai assunto una connotazione di ripetitività come hanno gli argomenti e le notizie replicate periodicamente; come si fa con le campagne di sensibilizzazione per la salvaguardia della foca monaca, piuttosto che della moretta tabaccata. Voglio dire che mi risulta abbastanza fastidioso che ad ogni autunno-inverno si sia lì a chiedersi quante sono le persone senza dimora, dove e come vivono, quanti posti letto sono stati approntati per l’inverno ecc. E’ doveroso sottolineare che queste persone non sono dei redivivi che si materializzano all’apparire dell’inverno, ma vivono dentro il tessuto cittadino anche per tutti gli altri 365 giorni dell’anno, con le loro fatiche, gioie e speranze e con la privazione di tutta una serie di diritti che le rendono meno persone delle altre. L’indignazione e la rabbia mi viene dal dover constatare che, nonostante, nel corso di questi anni ( qui a Trento in particolare, realtà che conosco meglio), siano stati fatti non pochi passi avanti - ed è doveroso riconoscerlo, ringraziare la disponibilità dei volontari, il lavoro fatto dalle associazioni che operano nel campo e tutto quanto volete - rimane il fatto che una certa politica è piuttosto distratta su questi temi. Al punto che chi, nella politica si occupa di queste questioni, come per altro coloro che lo fanno per spirito di volontariato o per lavoro, rischiano di diventare a loro volta marginali. Finire con l’essere considerate anime belle. Questo perché la politica tante volte è mossa nel suo agire, non dal fare perché è giusto, ma perché quel fare porta o non porta consenso. E le questioni che riguardano la marginalità sociale, non portano consenso. Questo dobbiamo amaramente ammetterlo. Ma c’è anche un’altra ragione, a mio parere, che concorre a rendere complicata, difficile, una programmazione degli interventi in grado di esprimersi compiutamente attraverso la definizione di interventi in grado di ridurre al minimo, gli eventuali provvedimenti di emergenza, sempre possibili in questo come in altri campi, ed è il fatto che culturalmente siamo tutti, trasversalmente, da destra a sinistra, imprigionati dalla categoria del merito. Vale a dire che in tanti, troppi, pensiamo che tutto sommato le persone che vivono ai margini, non meritano più di tanto di essere aiutate. E qui lasciatemi dire da credente, e lo dico ai politici di tutti gli schieramenti che fanno riferimento alla mia stessa fede, che quella del merito non è una categoria evangelica. Ma non è neanche una categoria economica. Mi chiedo, infatti, se sia più sicura una comunità, una società che offre pane e diritti a tutti, o una che discrimina fra belli e brutti, buoni e cattivi, storti e dritti, alti e bassi, bianchi e neri? Il sentimento d’impotenza mi deriva dal fatto che mi rendo ben conto che la questione non si esaurisce nell’aumentare qualche servizio: posti letto, piuttosto che altri servizi. E forse non è neanche la strada da perseguire, perché se non entrano in campo politiche del lavoro, della casa, di sostegno al reddito; l’offerta di opportunità reali di sviluppo, la pura assistenza diventerebbe qualche cosa che si ritorce contro le persone. E qui entra in campo nuovamente la politica, l’economia, non solo locale, ma nazionale e addirittura mondiale: questioni di fronte alle quali ci si sente davvero piccoli, ma che non possiamo affermare che non ci riguardano. Infine una nota di speranza. Nonostante tutto, grazie a quanto in tanti ovunque fanno, e talvolta anche senza quegli aiuti, le persone riescono a uscire dalle mille difficoltà nelle quali vengono a trovarsi. Le storie in questo senso sono davvero tante, ma non hanno quasi mai l’onore della cronaca, e questo è davvero un peccato, perché potrebbero aiutare molti a riflettere, a interrogarsi, a fare la propria parte, anziché limitarsi a mugugnare, giudicare, standosene a distanza ad osservare.

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