A chi giova la guerra in corso in Ucraina? Forse è nel tentativo di rispondere a questa domanda che possiamo avanzare qualche ipotesi circa il senso (ma può avere un senso?) di questa guerra.
In ogni guerra ci sono soggetti che lucrano e altri, la maggior parte, che sono soltanto pedine destinate a soccombere sull’altare di chi dalla guerra ottiene un guadagno. È terribile a dirsi, ma è così. Tra i soggetti che realizzano dividenti ci sono certamente gli apparati industrial militari; i commercianti di armi, quanti investono capitali nelle industrie di morte, speculatori finanziari e tutto un sottobosco mafioso criminale privo di scrupoli che realizza guadagni indecenti. Tra i beneficianti ci sono pure lobby politiche in grado di influenzare attività legislative e decisioni di governo. La guerra, ogni guerra, ha bisogno di apparire agli occhi della gente accettabile, ed ecco allora il ricorso alla retorica bellicista impiegata per persuadere della sua dolorosa inevitabilità. Se la guerra non fosse un affare non la si farebbe. Poi magari non sempre lo è o non nella misura sperata e non per tutti quelli che l’hanno voluta. La guerra in Ucraina non è un accadimento così imprevedibile come forse siamo indotti a pensare dalla narrazione corrente. C’è chi ha soffiato sul fuoco e ha voluto che scoppiasse. Pensare che sia solo l’esito di una decisione programmata dal despota del Cremlino sarebbe semplicistico e anche fuorviante. Analizzando gli antefatti a partire dalla dichiarazione di indipendenza dell’Ucraina dopo il crollo dell’URSS, anche senza essere degli analisti politici di mestiere, ci si accorge che si erano andati accumulando tutta una serie di interessi contrapposti che sarebbero sfociati prima o poi in qualche cosa di grave. Sappiamo che il nome stesso Ucraina – sul confine – palesa un significato che sta ad indicare una sorta di terra di mezzo tra territori diversi in un precario equilibrio facilmente demolibile. L’Ucraina ha certamente, deve poter avere, la possibilità, come ogni stato sovrano, di decidere del proprio futuro, quanto a forma di governo e appartenenza ad alleanze sovranazionali. Ma questo è un principio che si scontra con la realtà di fatto esistente delle varie zone di influenza. Può piacere o meno ma sappiamo che il mondo funziona così e ogniqualvolta questo precario equilibrio, che si regge sulla forza delle armi, poteri economici e interessi geopolitici è messo in discussione scattano inevitabilmente i conflitti. È quanto è accaduto anche con l’Ucraina. Verso quel Paese hanno avanzato e avanzano pretese e interessi sia la Russia, sia gli USA. Quando si scontrano gli imperi succede la stessa cosa di quando, per dirla con un proverbio africano, combattono gli elefanti; è sempre l’erba a rimanere schiacciata. In questo caso è la popolazione ucraina a rimanere schiacciata; a iniziare dai civili innocenti, come in ogni sorta di guerra. Si afferma che è giusto, etico e doveroso difendersi da una aggressione. Da un punto di vista di principio si potrebbe anche convenire ma se il resistere in armi a una potenza più grande porta allo sterminio forse varrebbe la pena provare a farlo in modo diverso. Tutti si dichiarano a favore del popolo ucraino e all’unanimità i governi occidentali si sono schierati a favore dell’invio di armi con la motivazione che è giusto offrire quanto necessario a difendersi dall’aggressore: l’esercito russo. Allo stesso tempo si guardano bene dall’accettare quanto richiesto dal Presidente ucraino, la costituzione di una no fly zone perché consci che sarebbe la miccia per l’allargamento del conflitto. Trovo la cosa alquanto ipocrita. È come dicessero: siamo d’accordo con te, con le tue motivazioni di resistenza alla guerra, lo fai anche per noi, però combatti da solo. Non che io sia per un allargamento del conflitto e nemmeno per la costituzione di una no fly zone o dell’invio di armi all’Ucraina, solo che tentando di mettermi per un istante nei panni di chi ritiene che la guerra in corso sia una guerra tra persone che si battono per la libertà e la democrazia contro la dittatura mi parrebbe più coerente, “à la guerre comme à la guerre “, concorrere in prima persona a sostegno di chi è ingiustamente vessato. Ed eccoci allora a definire chi sono quanti dalla guerra hanno solo da rimetterci: i civili, le donne, gli uomini, i BAMBINI. Anche coloro che la combattono la guerra non sono altro che vittime sacrificali sull’altare degli interessi dei contendenti in lotta. Soprattutto quanti non hanno scelto di farlo ma sono stati costretti, sia da una parte come dall’altra. Basterebbero queste poche e sommarie considerazioni per convincere anche i più riottosi a ricredersi circa l’utilità o necessità di combattere per guerre che sono decise da altri, per scopi mai limpidi e trasparenti, combattute da persone che ne farebbero volentieri a meno, per incrementare gli interessi inconfessabili di pochi. Non so dire quando si concluderà e come questa assurda guerra ogni giorno più tragica e feroce, cosa che è nella natura stessa delle guerre. Forse si concluderà con un cessate il fuoco e un compromesso che permetta a tutti di dirsi se non altro non perdenti. Se così sarà, mi domando: ne valeva la pena, davvero non si poteva fare diversamente e trovare senza scannarsi un compromesso onorevole? L’augurio che faccio al popolo ucraino è che la guerra termini al più presto e che a guidarlo per il futuro abbia dei governanti all’altezza della ripartenza, della ricostruzione e della pacificazione tra tutti i suoi componenti. La pace, quando ci sarà, avrà bisogno della solidarietà più ampia possibile e più generosa di quella sorta attorno alla guerra perché la Pace è prendersi cura delle persone tutte e delle relazioni tra le persone, e non sostenerle perché si ammazzino sperando che prevalgano quelle della propria parte.